Poco più di un anno fa, la copertina del n.6 di «Cineforum» era dedicata a due signore bellissime e sui generis: Jane Birkin e sua figlia Charlotte Gainsbourgh, della quale era appena uscito nelle nostre sale un film tenero, accorato, malinconico eppure pieno di vitalità: Jane by Charlotte, la figlia che, con timidezza e pudore, si avvicinava alla madre, osservandola, chiacchierandoci, tirando fuori (anche da se stessa) ricordi ed emozioni mai confessate, rispettandone i silenzi e i sorrisi. Il sorriso di Jane Birkin! Con quegli incisivi grandi che sarebbero stati male in qualsiasi altra bocca e su qualsiasi altro viso e che invece erano una caratteristica irresistibile di quei lineamenti minuscoli e all’apparenza un po’ imbronciati che, all’apparire del sorriso, s’illuminavano tutti. Sorrideva molto nelle foto, Jane Birkin, nonostante potesse sembrare di primo acchito, soprattutto da giovanissima, una Lolita un po’ torbida. Come da copione anni 60: capelli sugli occhi, minigonna e (per dirla con Guccini) tette al vento. Apparve così, nel 1966, in Blow up di Antonioni, collant giallino e niente altro, a rotolarsi tra la carta con una sua amica e il fotografo David Hemmings. Anche se la protagonista del film era Vanessa Redgrave e il ruolo della vera modella era della leggendaria Veruschka, Jane fece colpo, e poco dopo dalla nativa Inghilterra andò in Francia, per riapparire sul bordo di una piscina con un vestitino a quadretti e catturare lo sguardo di Alain Delon. Il resto è storia: Serge Gainsbourgh e tante canzoni insieme (non solo quella peccaminosa e vietatissima da noi in Italia – ma circolava ovunque), una carriera musicale ininterrotta, tanti film, alcuni così così, alcuni molto belli, con Godard, Doillon, Rivette, Resnais, Tavernier (Daddy Nostalgie, quello che forse rende più giustizia alle sue doti di attrice, un lungo faccia a faccia tra lei e Dirk Bogarde), Varda (Jane B. par Agnès V., gran documentario). Ragazza in minidress e ombelico scoperto, poi signora in jeans e camicia bianca, spesso a piedi nudi e con un grande cesto di paglia al posto della borsetta. Quando non portava la borsa (la più famosa e forse la più bella del mondo) che le dedicò Hermès (e che lei poi disconobbe per fede animalista). Ebbe tre figlie, con tre uomini diversi: Kate Barry, Charlotte Gainsourgh, Lola Doillon, una fotografa, un’attrice e regista, un’attrice. Questione di Dna, anche nel talento e nell’irrequietezza. Icona naturale, senza fronzoli, eccentrica il giusto, riservata il giusto, libera per quanto è possibile. Vera, sorridente. No Barbie.