CINEFORUM / 506

Pandora

 

Nel «Chi siamo» del sito web di Cinecittà Luce si legge tra l’altro: «Con i suoi 140 dipendenti, un patrimonio intellettuale, sociale e materiale di inestimabile valore, Cinecittà Luce intende porsi come fondamentale punto di riferimento dell’industria cinematografica italiana, centro di proposta, organizzazione e valorizzazione dei talenti e delle iniziative finalizzate a rendere il cinema italiano, in tutti i suoi comparti, all’altezza dell’importanza culturale e industriale che riveste». Dal che si evince che da quando sono state messe in rete queste informazioni, comunque, l’organico si è ridotto già di 20 dipendenti. A parte questo particolare (comunque non secondario), prendiamo atto della determinazione con cui si assegna a Cinecittà Luce una posizione “fondamentale” e al cinema un’importanza evidentemente insostituibile nel panorama “culturale e industriale” italiano. Ne siamo confortati, anche se un po’ disorientati, tornando con la memoria ad affermazioni, decreti, proteste, dichiarazioni e provvedimenti di pochi mesi fa.
Il giorno successivo è uscita una nota del presidente e dell’amministratore delegato che voleva calmare gli animi precisando che nulla di quanto era stato diffuso precedentemente era vero, che la mission di Cinecittà rimaneva inalterata, che non erano previsti passaggi di proprietà degli studi e che i dipendenti erano sostanzialmente al sicuro. A questa nota si aggiungevano poi le dichiarazioni del ministro Galan, che ne costituivano in buona sostanza una conferma, pur richiamando «la necessità di sfrondare l’eccessiva attività industriale e commerciale» (?) nel passaggio previsto della società da spa a srl. Domanda: se tutto rientra in questo quadro di “normalità”, perché improvvisamente le persone che a Cinecittà lavorano hanno pensato bene di doversi mobilitare per rendersi visibili? E perché comunque si sono diffuse quelle notizie che hanno provocato preoccupazione e allarme? Allarmi giustificati o no? E se no, a quale titolo alimentati?