SE L'INIMMAGINABILE PRENDE FORMA di Adriano Piccardi
Tutte domande che possono trovare risposta quando sono chiamate in causa dalla rappresentazione di ciò che bene o male si riferisce a quella dimensione della vita che va sotto il nome di “normalità”: i casi anche dolorosi della fortuna che trascina con sé gli esseri umani distribuendo pianto e riso in percentuali imprevedibili e per definizione incomprensibili. Ma che giustamente diventano strette e scivolose quando si parla di milioni di morti i cui assassini nessuno ha mai perseguito proprio perché organici a quella società che con i loro omicidi hanno contribuito a far nascere.
The Act of Killing è un oggetto cinematografico incontornabile che a sua volta ci guarda e provoca la nostra intelligenza di spettatori a un percorso inusuale e per nulla rassicurante. Ma vitale e necessario, se messo in contesto con l’attenzione crescente verso le forme contemporanee di cinema documentario apertamente alla ricerca di strade nuove, di riformulazioni teoriche e pratiche di questo genere che innegabilmente vive oggi uno dei suoi periodici e importanti momenti di trasformazione.
Nell’editoriale del numero precedente scrivevo di «valenza politica», di «provocazione della realtà» riscontrabili nei film che si muovono in andata e ritorno sulla linea di confine tra docu e fiction per estrarne i dettagli conflittuali che quella realtà abitano: The Act of Killing così come l’altro straordinario esempio costituito da Stop the Pounding Heart, di cui «Cineforum» si occupa in queste pagine con una lettura “estrema” e insieme commossa, arrivano a confermarci con la loro definitiva autorevolezza che dobbiamo stare con occhio e ragione sempre in forma per non perderci futuri spostamenti progressivi dell’immaginabile.