IN REDAZIONE di Adriano Piccardi
Impossibile scrivere a cuor leggero di Sandro Zambetti sulle pagine della rivista che è stata “sua” per quattro decenni. Soprattutto per chi ora la dirige dopo avervi svolto insieme a lui per alcuni anni lavoro redazionale. Già allora l’organico era piuttosto scarno: il “gruppo” era sostanzialmente costituito da due persone, il direttore e il sottoscritto che correggeva i testi ed eseguiva, quando occorrevano, modesti interventi di editing. Sandro, lo sanno tutti i collaboratori che lo hanno conosciuto, sentiva su di sé la responsabilità della rivista come quella di una creatura di cui voleva prendersi cura in prima persona dalla prima all’ultima pagina. Difficile inserirsi in quel processo di gestazione che si ripeteva mensilmente, facendo sì che ogni pagina fosse il risultato di una dedizione che si protraeva senza risparmio dalle prime ore del mattino fino a sera: precisione nel minimo dettaglio e convinzione che nel prodotto finale il lettore doveva in qualche modo anche sentire la passione e le conoscenze di chi materialmente glielo aveva confezionato. Quando Sandro iniziò a darmi spazio nelle scelte di impaginazione dei primi cineforumbook e di qualche speciale (compresa la scelta delle fotografie!) non mi sembrò vero: e pur non mancando divergenze di vedute, dopo qualche tempo il più delle volte non trovava niente da ridire – il suo silenzio/assenso restando sempre nei termini di un’approvazione mai definitiva in generale, sempre passibile di verifica e di rimessa in discussione alla prova successiva. I passi successivi di questa progressiva attribuzione di responsabilità furono il passarmi gli scritti degli aspiranti collaboratori, perché dessi il mio parere in proposito, e il controllo della puntualità nella consegna di recensioni e altri testi. Altra grande conquista, per il sottoscritto. Per la verità, Sandro non smise mai di rimproverarmi una eccessiva “disponibilità” nello stabilire i termini di consegna, che – lo sapevo bene – non rientrava nel suo stile. Su questo eravamo davvero diversi. Comunque, quando cominciò a vedere che in ogni caso i materiali arrivavano in tempo utile, pur continuando a non condividere le mie modalità che a suo dire mettevano a rischio i tempi di lavoro, iniziò tendenzialmente a fidarsi. Sono stati anni nel corso dei quali ho imparato parecchie cose guardandolo lavorare e confrontandomi con lui sui vari aspetti dell’attività redazionale. Pur nella diversità di temperamento e per certi versi di vedute anche sui contenuti cui dare spazio sulle pagine della rivista, non nego che mi capita a volte di domandarmi di fronte a certe scelte editoriali da prendere, a difficoltà oggettive nel “montaggio” del numero per quanto riguarda la distribuzione dei testi, la successione delle recensioni, la misura da attribuire a un saggio, l’opportunità o meno di collocare una certa fotografia, che cosa avrebbe fatto Sandro al mio posto. Certo, molte cose sono cambiate in questi ultimi anni, da quando mi è stata affidata la responsabilità di dirigere «Cineforum», il contesto editoriale in cui dobbiamo operare è nella sua complessità ben diverso rispetto a qualche anno fa e muta continuamente. Su questo viene davvero a mancare ogni possibilità di confronto, ma ai nostri lettori più giovani che per ovvi motivi non possono esserne consapevoli va detto: senza Sandro Zambetti questa rivista non avrebbe mai potuto acquisire la posizione che ha nell’ambito della critica cinematografica italiana. E questa non è retorica: è un fatto.