Nell’ottavo episodio di Vinyl, la serie prodotta da Scorsese per la HBO ambientata nel mondo dei discografici a NY nei primi anni Settanta, ci sono due minuti magnetici e affascinanti: racchiudono tutta la storia del blues e del rock in tre accordi, MI-LA-SI. Com’è giusto che sia. Anche una rivista (sì, intendo dire anche «Cineforum», l’avete capito) si basa su tre “accordi”. Semplice: i testi, le fotografie, gli spazi in cui distribuirli e combinarli, modulandone la relazione secondo criteri sui quali ogni testata decide in base a ciò che vuole dire e dare ai propri lettori. E periodicamente, com’è giusto che sia, questi criteri si modificano. Si va alla ricerca di nuove soluzioni, nei margini concessi da quei tre accordi, per rispondere a un bisogno di rinnovamento formale in grado di confrontarsi con mutamenti in atto nelle condizioni del mercato, della domanda che si scorge (si pensa o si scommette di vedere) da parte di chi ci legge – o magari che ci vorrebbe leggere e ancora non lo sa; oppure soltanto nel desiderio di rilanciare motivazioni interne grazie alla scossa che un’idea grafica nuova può trasmettere all’entusiasmo comunque mai sazio. Le novità appaiono al primo sguardo. Ci ha guidato il desiderio di svecchiare strutture e ritmi grafici che hanno avuto la loro giustificazione negli anni passati, ma che, di fronte alla sfida proveniente dalla stanchezza di un mercato editoriale memore di anni certo migliori, mostravano ormai la corda; se l’apparato iconografico torna all’opzione del bianco e nero, questa è giocata però sull’alternanza cromatica con alcune parti della componente verbale, modulata a sua volta nei formati e negli stili per lasciare respirare, impercettibilmente ma quanto basta a imprimere uno scarto visibile, le singole pagine e le varie sezioni nel loro succedersi. Abbiamo voluto puntare, nel rapporto fra testo e spazio, a un alleggerimento in grado di accogliere lo sguardo del lettore, catturandolo ma senza soffocarlo con volumi tipografici monolitici e ripetuti. «Cineforum» comunque resta una “rivista di cultura cinematografica”: la sua sostanza, costituita dalla qualità dei suoi contenuti, sarà quella di sempre. Anzi, cercheremo di migliorarla là dove possibile, diversificando il taglio e i temi degli interventi, proseguendo in questo sulla linea che negli ultimi tempi i lettori più attenti hanno senz’altro avuto modo di cogliere. Sappiamo che non è mai un’impresa facile quella di trovare le chiavi di un cambiamento d’aspetto, restando all’altezza della tradizione che giustamente i lettori continuano ad aspettarsi. Può darsi che nei prossimi numeri si rendano necessari alcuni aggiustamenti in corsa, dopo aver verificato la tenuta complessiva di questa metamorfosi così radicale; ma ci piace pensare che la scelta nel suo insieme possa incontrare il favore di voi che ci leggete, così come ha incontrato il nostro. E, perché no, attiri su «Cineforum» nuove attenzioni: nel mercato asfittico dell’editoria cinematografica ce n’è sempre bisogno.