Al largo della Somalia (il film si ispira a fatti realmente accaduti), il mercantile comandato dal capitano Phillips (Tom Hanks) è assaltato dai pirati, che, fuggendo, prendono in ostaggio l’ufficiale, sperando di ricavarne un riscatto.
Quello che compie il capitano non è però solo un viaggio in mare. È una specie di viaggio nel futuro. Alla fine lo vediamo scioccato e senza parole perché ha visto quello che attende il figlio o, comunque, le prossime generazioni.
All’inizio, infatti, il film istituisce un parallelo tra la situazione che vive il capitano e quella che vivono i pirati in uno sperduto villaggio somalo – situazione apparentemente opposta e anche filmata in modo ben diverso (concitate, mosse le scene somale, distese quelle americane).
Nel breve dialogo con la moglie, il capitano si preoccupa per il futuro del figlio, per la competizione che questi dovrà affrontare e che invece non c’era ai suoi tempi (una volta bastava farsi avanti per diventare comandante, oggi per un posto ci sono almeno 50 pretendenti): la stessa competizione la vediamo poco dopo tra i somali che si spintonano per essere scelti negli equipaggi dei pirati.
Ecco quindi che quel mondo, apparentemente barbaro, arretrato, primitivo, diventa una sorta di prefigurazione di quel che ci aspetta (si direbbe che il film rifletta, iperbolicamente, i timori, presenti in tanta odierna sociologia ed economia americana, per la scomparsa del ceto medio…).
L’apprensione che Tom Hanks prova poi per il più giovane dei pirati, ribadisce il collegamento tra questi e le preoccupazioni per il futuro del figlio. D’altra parte, se talvolta il ritmo del film per qualche breve istante si allenta, è per mettere in evidenza gli elementi che fungono da collegamento tra il mondo “civilizzato” e il mondo “barbaro” (la fune che lega la scialuppa alla nave, i binocoli con cui si guardano reciprocamente).
Tom Hanks è, fondamentalmente, una figura non-eroica. È un uomo comune che compie il proprio dovere, ma è privo di particolari qualità che lo rendano cinematograficamente simpatico e, rispetto all’intrigo, non ha un ruolo risolutore (non è lui a liberarsi dai pirati). Si limita ad osservare (o, quando bendato, ad essere presente) e quindi a testimoniare questa realtà che, alla fine, non ha parole per descrivere.
Che ci si voglia oppure no avventurare in queste letture “futurologiche”, Captain Phillips – Attacco in mare aperto è, in ogni caso, un gran film d’azione: due ore di tensione senza un attimo di cedimento (anche se, per i nostri gusti, l’entrata in scena dei Navy Seals avrebbe potuto essere filmata con minor enfasi “rambistica”).
Era il 2009 quando un gruppo di pirati somali attaccò e sequestrò la Maersk Alabama, la nave del Capitano Phillips.