Thomas Lilti

Ippocrate

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Un ospedale che pare un labirinto, un giovane tirocinante sembra essersi perso, cammina casualmente per i corridoi e si lamenta delle macchie sui grembiuli. Un volto pulito e sicuro di sè, un personaggio che mostrerà presto – anche se figlio del primario – la sua inesperienza. Convinto del proprio ruolo ma non pronto al confronto con la realtà, con la durezza del lavoro e con la vita stessa, Benjamin capisce subito che fare il medico non è come guardare Dr. House e indovinare a ogni puntata la malattia del caso, ma affrontare il dolore e le paure dei pazienti, che piangono e cercano sostegno morale, che muoiono («non siamo supereroi», gli ricorda il padre).

Nel momento in cui un paziente morirà a causa di un suo errore, il mondo intorno crollerà, lo stesso sguardo del regista si allontanerà, e Benjamin rimarrà solo. Anche se difeso dal padre – che gli suggerirà di dichiarare il falso – e accompagnato dal collega Abdel, il protagonista sarà appesantito dal senso di colpa di un crimine che non può dire di aver commesso e dal senso di inadeguatezza nel non sentirsi all’altezza della situazione. Ippocrate parla di verità, di onestà, di errori, di sensi colpa da espiare, parla del diventare medici; il film è un giuramento (di Ippocrate), una lista di regole, una lezione.

Thomas Lilti, medico oltre che regista, prima ancora di Un medico di campagna parla di medicina e racconta le vite di chi conosce meglio, dottori e pazienti. Soprattutto, mette in scena il binomio tra il giovane e l’anziano, tra il nuovo e il vecchio, tra l’allievo e il maestro; racconti di educazione e di formazione.

Lo sguardo è immersivo, l’utilizzo di macchina a mano e i movimenti a seguire e ad anticipare i protagonisti rimandano un approccio quasi documentaristico, come se rappresentassero le soggettive di un ulteriore tirocinante che guarda e impara, che potrebbe essere lo spettatore stesso.

C’è un capro espiatorio nel film, un soggetto su cui nel finale ricadono le irresponsabilità: i dirigenti dell’ospedale. I potenti che non sovvenzionano l’acquisto di medicinali e macchinari, mentre i giovani tirocinanti festeggiano con leggerezza, cantando e bevendo. Benjamin e Abdel rimangono nel mezzo tra due irresponsabilità diverse. L’errore esiste ed è quasi sempre collegato alla morte, ma non sempre è doloroso e imperdonabile.

Nel finale i due protagonisti decideranno – erroneamente, ma con l’accordo dei parenti – di lasciar morire una paziente appena rianimata; i due verranno puniti e sottoposti a giudizi influenzati da politiche nepotiste. Sarà l’occasione per Benjamin di espiare il suo senso di colpa, di affrontare la verità, di redimersi sacrificandosi. Alla fine quell’ospedale non sembrerà più un labirinto e le macchie colorate sui grembiuli saranno qualcosa che aggiungerà vita al bianco freddo di quei corridoi.

Ippocrate
Francia, 2014, 102'
Titolo originale:
Hippocrate
Regia:
Thomas Lilti
Sceneggiatura:
Khalladi Shérazade
Fotografia:
Nicolas Gaurin
Montaggio:
Christel Dewynter
Musica:
Alexandre Arquilliere, Nicolas Weil, Sylvain Ohrel
Cast:
Carole Franck, Félix Moati, Jacques Gamblin, Julie Brochen, Marianne Denicourt, Philippe Rebbot, Reda Kateb, Thierry Levaret, Vincent Lacoste
Produzione:
31 Juin Films, France 2 Cinéma
Distribuzione:
Movies Inspired

Benjamin è un giovane medico ambizioso che inizia il tirocinio nel reparto diretto dal padre. Qui stringe amicizia con Abdel, un medico di origine algerina. Nonostante l’entusiasmo iniziale, i due saranno costretti a fare i conti con la pressione e la dura realtà della professione.

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