M. Night Shyamalan

Paradossi POV

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L’operazione realizzata da M. Night Shyamalan con il suo ultimo The Visit, è curiosamente simile a quella messa in atto da Damon Lindelof nella seconda stagione della serie di cui è autore, The Leftovers: entrambi lavorano infatti sui topoi narrativi e tematici presenti nei loro precedenti lavori (in particolare The Sixth Sense, Unbreakable e The Village per Shyamalan, la prima stagione del serial HBO per Lindelof), ma li ripropongono in una chiave sottilmente parodistica, paradossale e spiazzante.

In particolare, la fiaba dark dell’autore di origine indiana, che vede protagonisti due bambini in vacanza per una settimana dai nonni che non hanno mai conosciuto (novelli Hänsel e Gretel, con tanto di citazione della scena del forno), si muove su un crinale sorprendente, a metà strada tra orrore puro (in un paio di occasioni si sobbalza sulla poltrona) e grottesco, tra riflessioni brutali sull’oscenità della vecchiaia che spostano l’asticella del mostrabile in una produzione Blumhouse, e un bizzarro sense of humour quasi grossolano, capace di accrescere il senso di spaesamento e, nello stesso tempo, stemperare la tensione.

Reduce da una serie di flop che ne hanno ridimensionato le ambizioni (quanto meno produttive), Shyamalan rinuncia alle soluzioni ‘arty’ (tempi morti compresi: il film si risolve felicemente in 94 minuti scarsi) delle sue opere più ambiziose, ma non ai temi che gli stanno più a cuore (i figli cresciuti senza genitori o che devono scontare i loro errori, l’intelligenza salvifica dei bambini), né al celebre ‘twist’ che, poco prima del gran finale, rimette in prospettiva quanto visto in precedenza.

Ma l’interesse di The Visit sta (anche) altrove: presentato al pubblico come fosse il risultato del montaggio finale del documentario girato dai due bambini (dunque, nella finzione, i ‘veri’ autori del film) durante la villeggiatura dai nonni, l’opera di Shyamalan rappresenta anche un’acuta riflessione sulla messa in scena ai tempi del POV. Esemplare, in questo senso, la scena in cui Rebecca (in qualità di autrice del documentario), annuncia al fratello minore Tyler (un ideale regista della seconda unità) che, per alleggerire la seriosità del suo girato, intende usare in colonna sonora una vecchia canzonetta molto amata dalla madre (Possession, di Les Baxter), canzone poi puntualmente inserita a commento della sequenza più drammatica di The Visit, il falso documentario di due bambini firmato Manoj Night Shyamalan.  

The Visit
Stati Uniti, 2015, 94'
Titolo originale:
id.
Regia:
M. Night Shyamalan
Sceneggiatura:
M. Night Shyamalan
Montaggio:
Luke Franco Ciarrocchi
Cast:
Olivia DeJonge, Ed Oxenbould, Deanna Dunagan, Peter McRobbie, Kathryn Hahn, Celia Keenan-Bolger, Samuel Stricklen, Patch Darragh, Jorge Cordova, Steve Annan, Benjamin Kanes, Ocean James, Seamus Moroney, Erica Lynne Arden, Kevin Austra, Richard Barlow, John Buscemi, Evan Charles, Michelle Rose Domb, Brian Gildea, Shawn Gonzalez, Dave Jia, Basil Kershner, Shelby Lackman, Sajida Malik, Michael Mariano, Aileen Michelle, Gabrielle Pentalow, Jon Douglas Rainey
Produzione:
Blinding Edge Pictures, Blumhouse Productions
Distribuzione:
Universal Pictures

Due fratelli vengono mandati a stare per una settimana nella fattoria dei loro nonni in Pennsylvania. Appena i ragazzi si accorgeranno che l'anziana coppia è coinvolta in qualcosa di veramente inquietante, vedranno diminuire ogni giorno le loro possibilità di tornare a casa.

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