Dopo i piccoli e curiosi Un jeune poète e Le parc (quest’ulitmo presentato due anni fa al Torino Film Festival), il trentenne francese Damien Manivel (in collaborazione con l’altrettanto giovane regista giapponese Igarash Koheii) prosegue sulla strada di un cinema minimale e gentile, infantile nelle trame (con l’età dei protagonisti che si abbassa si film in film, dai vent’anni all’adolescenza all’età da scuola elementare) e stralunato nei toni.
Protagonista di La nuit ou j’ai nagé è un bambino giapponese insonne che una mattina, dopo aver passato la notte in piedi, decide di saltare la scuola e recarsi in città. Forse vuole far visita al padre che lavora al mercato del pesce (e che a causa dei turni di notte non vede mai) o forse, semplicemente, vuole osservare un po’ come vanno le cose dei grandi. Questo piccolo Buster Keaton buffo e silenzioso passa indenne tutti i possibili pericoli del mondo: attraversa la strada, cammina da solo, parlotta con gli sconosciuti. Fino a quanto per ripararsi da una tormenta di neve si rifugia in una macchina e viene riportato a casa dolcemente addormentato.
Il film segue la semplice avventura del protagonista con una messinscena al limite dell’arido e una semplicità narrativa elementare. Diversamente da Le parc, in cui la componente immaginifica del viaggio era esplicita, qui la trama visiva è più sottile e meno fantasiosa: la magia sta nella dissonante presenza del bambino nel mondo degli adulti, nei suoi pensieri tenuti nascosti e per questo incapaci di alterare la quotidianità della provincia giapponese.
Takara - La notte che ho nuotato (traduzione sgrammatica – o al massimo con licenza poetica sull’uso del “che” al posto di “in cui” – dell’originale La nuit ou j’ai nagé) è così un interessante esempio di cinema impressionista costruito su uno sguardo interno al racconto, eppure stranamente oggettivo. Nelle sue immagini sonnolente si percepisce una tensione sottile, la possibilità di generare effetti comici o, all’opposto, tragici grazie alla presenza fuori luogo del bambino protagonista. La macchina da presa, però, sceglie di restare a distanza dall’emozione, nascondendosi dietro uno sguardo discreto e pudico, ma in fin dei conti facile e fin troppo reticente.
In un villaggio innevate della provincia giapponese, ogni notte un pescatore si reca al mercato del pesce. Una notte, il suo figlioletto di sei anni, Takara, viene svegliato dai suoi rumori, e non riesce proprio a rimettersi a dormire… Mentre il resto della famiglia dorme, il piccolo fa un disegno per quel papà che vede così poco, e lo mette nel suo zainetto. La mattina, ancora troppo insonnolito, perde la strada per la scuola: un’occasione per una piccola avventura, e forse per consegnare quel disegno…