Da quando Lorenzo Pellizzari ha iniziato a scrivere per «Cineforum», nel lontano 1976, la sua presenza sulla rivista e per la rivista è stata importante, indispensabile per la continuità e la qualità dei suoi contenuti, determinanti nella definizione di un contesto che, senza essere impositivo, contribuiva però a mantenere vivo il filo di un pensiero, di un ragionare di cinema libero, indipendente e consapevole della responsabilità che ne stava alla base: il contesto corrispondente a ciò che «Cineforum» – nell’insieme della sua storia e di tutti coloro che vi scrivevano – voleva fortemente essere. E sempre è stata, nell’avvicendarsi delle generazioni di critici, nella diversità degli approcci alla materia-cinema, nell’evoluzione radicata in questa essenziale continuità, anzi proprio da essa sostenuta. Il percorso intellettuale di Lorenzo, del resto, garantiva la solidità di quel filo; insieme alla sua personalità forte e instancabile, al suo approccio ironico, a volte acuminato ma sempre generoso sia verso le persone che nel dibattito critico. Le sue recensioni, animate da uno spirito militante che non soffocava l’approfondimento ermeneutico anzi lo sollecitava; i suoi interventi su argomenti di respiro più ampio rispetto al film singolo; le sue “rubriche” (chiamiamole così per comodità, anche se sono state – nella loro diversità – molto di più di questo: “La casa della falsa vita”, “Le lune del cinema”); tutto questo lascia nella storia di «Cineforum» una traccia, un patrimonio, di cui chi si identifica in tutto o anche solo in parte con gli ultimi quarant'anni di storia di questa rivista non può che essere riconoscente.
È sempre azzardato – e a rischio di retorica – dire certe cose, ma è un rischio che voglio correre: penso che il book su questo numero, dedicato al cineasta inglese Marc Karlin, sarebbe piaciuto molto a Lorenzo Pellizzari. Grazie a «Cineforum», per la prima volta in Italia Marc Karlin (scomparso nel 1999, all’età di cinquantasei anni) è oggetto di un approccio critico e storico complesso, che comincia a fare i conti con la sua importanza e con l’inspiegabile (prima ancora che colpevole) disattenzione esercitata nei suoi confronti per decenni a livello internazionale.
Politicamente “nato” nella partecipazione al maggio parigino del 1968, Karlin (il cui lavoro ha all’origine – come sottolinea Gianluca Pulsoni, prezioso coordinatore di questo cineforumbook – l’incontro fondamentale con Chris Marker) già nei primi anni Settanta è protagonista delle esperienze costituite dai collettivi cinematografici militanti intesi in Gran Bretagna e altrove a cambiare alle radici il cinema come atto linguistico e politico. Il suo cinema, in particolare, si evolve rapidamente verso forme sempre più incisive e raffinate di film-saggio, caratterizzate da una ricerca estetica integrata allo sviluppo di un pensiero filmico fondato sull’assunzione del principio dialettico quale base irrinunciabile di lavoro intellettuale ed espressivo.
Hanno contribuito al book, oltre a Gianluca Pulsoni e al filosofo Alfonso Cariolato, persone che hanno lavorato con Karlin o che in modi diversi hanno contribuito negli ultimi anni alla diffusione della conoscenza della sua opera. Non è la prima volta che un cineforumbook si avvale di nomi italiani e stranieri che non fanno parte della “scuderia” dei nostri abituali collaboratori: ci piace considerare il fatto che queste occasioni tendono a ripetersi sempre più di continuo come la riprova della capacità aggregativa dei progetti di studio e approfondimento promossi da «Cineforum».