CINEFORUM / 583

L'ingrediente segreto

Vele fa il meccanico a Skopje, Macedonia, al deposito treni. Da quattro mesi non riceve lo stipendio, è orfano di madre (e di fratello) e ha il padre – peraltro tipo cocciuto e poco sensibile verso il figlio cui rimprovera persino il fatto di non aver voluto studiare – prostrato ed esacerbato da un terribile cancro ai polmoni che lo sta uccidendo. Senza soldi, come farà a procurargli le costosissime medicine («Non siamo mica in Svezia!»)? La soluzione verrà da un pacchetto di erba nascosto tra i vagoni che la polizia e una strana coppia di malavitosi vanno ricercando. Vele lo trova e, perso per perso, usa la droga per confezionare una torta e farla mangiare all'ignaro e inacidito genitore: «Se trovo qualcuno che mi mette la marihuana nel bicchiere, come mi han detto che fanno in certi bar a Skopje, prendo il fucile e bang!». Clamorosamente l'uomo migliora (anche nel carattere), innescando una serie di conseguenze ora umoristiche, ora drammatiche. Tra queste: qualche confidenza di troppo dell'incauto genitore trasforma Vele in un guaritore, il cui appartamento viene costantemente preso d'assalto da “richiedenti ausilio”; inoltre i due bizzarri delinquenti non tardano a capire che a far sparire la droga sia stato proprio il meccanico. E lo inseguono con i mezzi (scarsi ma brutali) di cui dispongono.

Una di quelle lampanti dimostrazioni di come non sia necessario disporre di grandi capitali per fare del cinema vitale e originale. Gjorce Straveski (classe 1978), buona carriera nell'audiovisivo con oltre cento spot prodotti e qualche short, debutta sul grande schermo con un film sceneggiato, prodotto e diretto tutto da solo (nelle sale di lui era stato distribuito nel 2012 un film collettivo, Skopje Remixed, di cui era autore di un episodio). Un “fai da te” creativo che sa riflettere lucidamente sulla situazione sociale del suo emarginato paese, con un linguaggio che fonde il comico nel drammatico e la discrezione nel patetico (siamo in Macedonia e la ricchezza del posto è la stravaganza della popolazione – del resto Kusturica e Paskaljevic non crescono tanto lontani da qui – sospesa tra l'arretratezza della superstizione e il tecnologico: tanto che un rimedio antitumorale può anche essere composto da una chiavetta usb immersa in un bicchier d'acqua!).

Del resto, come dice l'autore, «la mia storia nasce pagina dopo pagina: come due navi in rotta di collisione, l'umorismo e il dolore si sfidano in duello. Anzi, l'umorismo è più come un sottomarino, che riemerge quando meno te lo aspetti». E allora, come non partecipare agli sbattimenti di una comunità così sgangherata, costretta agli espedienti, all'arte dell'arrangiarsi, in cui anche i “cattivi” conservano una rustica umanità, ma anche con una potente voglia di vivere che ci coinvolge, nonostante tutto? Come si fa a non sorridere ed empatizzare quando si sente un operaio sfigato, lombrosianamente perdente, allupato ventiquattr'ore su ventiquattro, irrimediabilmente impantanato in questa zona sub della civiltà capitalista-occidental-neoliberista dichiarare solennemente «Solo la droga e il rock'n'roll possono salvarti… e anche il sesso!»? Lo sguardo di Stavreski si mantiene sempre lucido e con le briglie ben tese su ogni tentazione di eccesso di indignazione: «Sono stato testimone della lotta della gente comune nel mio Paese. In quei tempi selvaggi, il neoliberismo in salsa balcanica aveva ridotto i nostri valori a una guerra per accaparrarsi quanto più denaro e quanto più potere possibile e per citare un personaggio del film: “Il resto che andasse al diavolo”».

Passando agli interpreti, tutti di solida esperienza, non possiamo ovviamente non segnalare almeno il protagonista, Blagoj Veselinov (dalla consistente esperienza teatrale, più film come Punks's Not Dead, 2013 o The Liberation of Skopje, quest'ultimo diretto del grande Rade Serbedzija al suo primo e per ora unico film da regista, 2016), ma tutti ai nostri occhi ignoranti possiedono la forza e la plausibilità dei volti sconosciuti pronti a immergersi nei rispettivi personaggi. Dopo un tour lungo e proficuo per vari festival internazionali (tra cui Valencia, Salonicco e Palm Spring), la vittoria come miglior film al Bergamo Film Meeting 2018, ha convinto Lab 80 film a distribuirlo nelle sale italiane. Un atto culturale che è una sfida che vorremmo fosse vinta.