La prima cosa che salta all’occhio è il titolo, già del romanzo scritto nel 1945 da Dino Buzzati da cui è tratto l’esordio al cinema dell’illustratore Lorenzo Mattotti: La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Quell’aggettivo, «famosa», che dà la leggenda per assodata e già parte dell’immaginario collettivo. Eppure nemmeno il cantastorie Gedeone e sua figlia Almerina, protagonisti della cornice narrativa del film, conoscono la storia nella sua interezza. Presto si capisce, però, come l’invasione degli orsi in Sicilia possa diventare – o tornare a essere – famosa nel momento in cui non ci si dimenticherà di quel che è successo, solo impegnandosi a raccontare quegli eventi perché non vengano perduti col tempo.
La famosa invasione degli orsi in Sicilia è quindi, prima di tutto, un film sul piacere di narrare le storie, sul recupero della tradizione orale, delle leggende popolari; sull’importanza di saper ascoltare i punti di vista altrui. Il film racconta del Grande Re degli orsi Leonzio che, nel tentativo di ritrovare il figlio da tempo perduto, decide di condurre il proprio popolo dalle montagne fino alla pianura, dove vivono gli uomini. Grazie al suo esercito e all'aiuto di un mago, riuscirà a sconfiggere il malvagio Granduca e a trovare finalmente il figlio Tonio, rendendosi però conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella terra degli uomini.
Una storia che mette al proprio centro il confronto tra due mondi, la poesia della scoperta e le conseguenze nefaste del potere; una fiaba dai toni semplici, raccontata sottovoce, con una delicatezza e un ritmo con i quali è molto semplice entrare in sintonia. Ma il vero punto di forza del film è senza ombra di dubbio il suo comparto visivo: Mattotti adatta al proprio stile le illustrazioni del libro a opera dello stesso Buzzati ottenendo un risultato straordinario.
Dalla caratterizzazione dei personaggi agli scenari mozzafiato, a ogni cambio di quadro la meraviglia accompagna lo spettatore in un universo magico e accogliente, dai colori sgargianti e il gusto un po’ retrò, in cui è possibile perdersi senza esitazione. La cura con cui Mattotti fa aderire ogni dettaglio visivo al racconto sottolinea ancora una volta l’importanza e il piacere del racconto, ricordandoci quanto è piacevole restare ad ascoltare una favola.