È indubbio che il cinema iraniano sia stato, e in parte sia ancora, uno dei territori più fertili, interessanti e ricchi di sorprese dell’intera area arabofona. Da culla dell’umanità a teatro di rivoluzioni epocali e sanguinose guerre, il Paese governato dal presidente Hassan Rouhani è tutt’oggi una Nazione alla ricerca di un equilibrio politico ed economico, cammino lento che lascia dietro di sé una serie pressoché infinita di ferite sociali e umane.
Proprio da una di queste lacerazioni nasce l’opera prima di Vahid Jalilvand, Un mercoledì di maggio, un lavoro toccante e delicato, che racconta, con una struttura narrativa precisa e bilanciata, le vicende di due donne iraniane, Leila e Setareh. Entrambe, dopo aver letto su un quotidiano che un uomo chiamato Jalal avrebbe offerto diecimila dollari in beneficenza a una persona bisognosa, si recano mercoledì 9 maggio in piazza a Teheran con la speranza di ricevere l’agognata somma che permetterebbe a Leila di pagare le cure al marito gravemente ammalato, e a Setareh di ottenere la scarcerazione del compagno.
Accanto ai drammi delle due donne, però, quel fatidico mattino sono presenti anche le storie di migliaia di altri disoccupati, malati e disperati cittadini, ammassati sotto il caldissimo sole iraniano nella speranza di ottenere quell’unica e inaspettata panacea che potrebbe risolvere una parte dei loro problemi.
A chi e su che base concedere il premio filantropico? È questo il dilemma che si pone in continuazione Jalal; il regista decide di seguire la sofferta lotta interiore del benefattore, trovata narrativa per poter mettere in scena la povertà e il profondo malessere della società iraniana, nonché aprire un’interessante riflessione sul denaro e sulla responsabilità del potere.
Grazie all’accorta sceneggiatura e a una regia cristallina, Un mercoledì di maggio si dimostra un lavoro denso e stratificato, nel quale le singole vicende sono il simbolo e l’espressione di aspetti universali quali il dolore, la cura per le persone amate, i rigidi limiti della religione e le idiosincrasie di un Paese troppo attento alle questioni internazionali per poter preoccuparsi del benessere dei propri cittadini.
È l’umanità, quindi, a essere la vera protagonista del film, e le lacrime con le quali Vahid Jalilvand ha accolto il lungo applauso tributatogli dal pubblico alla scorsa Mostra di Venezia (dove il film è stato presentato lo scorso anno nella sezione Orizzonti) ne sono la più sincera e spontanea conferma.
Un annuncio pubblicitario particolarmente originale, pubblicato un mercoledì mattina su un quotidiano di Teheran, raccoglie una piccola folla di persone in una piazza. Tutti sperano che l’annuncio pubblicato possa essere la soluzione ai loro problemi. La polizia controlla la folla cercando di calmarla e di disperdere le persone. Nonostante le insistenze della polizia due donne non abbandonano la piazza.