Pugnale e veleno sono le sue armi preferite, insieme a un uso molto disinvolto della propria bellezza per spiazzare gli avversari e carpire segreti nell’alcova: trionfale rappresentazione feuilletonistica della belle dame sans merci, creata nel 1844 da Alexandre Dumas padre come spietata antagonista dei Tre moschettieri. Fa la spia per il Cardinale Richelieu, si sbarazza senza un fremito di chiunque le sbarri la strada, ha il giglio dei condannati a morte marchiato a fuoco sulla spalla, ha tradito molti uomini, Athos compreso. Tra le decine di interpreti: la più sensuale Lana Turner, nel film di George Sidney, la più scatenata Faye Dunaway nei due film di Richard Lester.
È solo una voce senza volto, una sagoma intravista, un calice spezzato sul tavolo di un elegante country club. Ma è una delle figure femminili più sgradevoli dello schermo, quella che ha flirtato con tutti i mariti delle sue amiche e che le raggela con una lettera in cui rivela che quel giorno, mentre sono in gita benefica con dei ragazzini, lei sta fuggendo con il marito di una di loro. Senza dire quale, naturalmente: Lettera a tre mogli, perfido intreccio di flashback coniugali dello scettico Manckiewicz (Joseph), che lo scrisse insieme a Vera Caspary, sceneggiatrice e autrice di thriller, su tutti Laura, divenuto poi il film di Preminger. La voce di Addie è quella di Celeste Holm, che in Eva contro Eva interpreta la moglie tradita del commediografo.
Sbaglia chi ancora crede che la bad girl di Eva contro Eva sia Margo Channing-Bette Davis, lingua caustica e arroganza conclamata: l’autentica cattiva ha lo sguardo sottomesso e l’impermeabile stazzonato di Eve Harrington, giovane ammiratrice sperduta sotto la pioggia. Servizievole fino alla nausea, e umile, adorante, insinuante, tanto abile da raggirare tutti, tranne la spiccia guardarobiera Birdie e il cinico critico DeWitt (Thelma Ritter e Georges Sanders, enormi come sempre). Ladra di mariti e, soprattutto, di ruoli da prima donna, Anne Baxter simula stoica venerazione e instilla lampi di astuzia nello sguardo pacato. Una guerra di dame di rara ferocia, orchestrata da un Mankiewicz al vetriolo e scritta, ancora una volta, da una donna, Mary Orr.
Troppo tenera, indifesa all’interno di un corpo indifendibile, spesso maltrattata dalla vita, Marilyn Monroe non avrebbe mai potuto vestire i panni di una cattiva. Solo una volta provarono a trasformarla in donna fatale e mortale: la Rose adultera che in Niagara di Hathaway progetta di uccidere il marito ma resta incastrata nel suo stesso piano. Celeberrimo abito fucsia acceso, labbra rosse e anelli d’oro alle orecchie, canta Kiss scatenando la furiosa gelosia di Joseph Cotten. In realtà anche Lorelei Lee, instancabile cacciatrice di diamanti in Gli uomini preferiscono le bionde di Hawks (1953), non è un esempio di virtù. Anzi, è totalmente amorale, e onestamente, ingenuamente interessata solo al denaro. Ma a Lorelei, geniale invenzione di Anita Loos, non si può non voler bene.