David, figlio di un intellettuale georgiano e di una donna geniale che insegna il Farsi, è un docente di Letteratura russa con un istinto naturale per la polemica. Il suo appartamento, costellato di simboli del dissenso, è per lui un rifugio e una prigione: David si trova infatti agli arresti domiciliari (per l’ennesima volta) con l’accusa di appropriazione di beni pubblici. Il vero motivo del suo confino è però la sua pubblica avversione al sindaco locale, cui ha dedicato anche una caricatura denigratoria su Internet. Nonostante sia ridotto in condizioni di non nuocere e venga licenziato dalla sua facoltà, David passa al contrattacco e vuole fare causa al sindaco con l’aiuto di un’avvocatessa combattiva: David accusa il sindaco di corruzione, facendosene dare le prove dalla sua ex moglie, che ora si accompagna ad un imprenditore ammanicato con il Municipio.
Aleksej German Jr., già Leone d’argento per Soldato di carta, descrive un accanimento ottuso e crudelmente reiterato che ricorda quello de L’uomo di Kiev, sia in versione Malamud che in versione Frankenheimer. La sua è la storia di ogni dissenso e di ogni tentativo del potere istituzionale per spezzare in due i dissidenti. Ma David non molla perché il suo disaccordo è strutturale: sua madre (una magnifica Roza Khairullina in un ruolo davvero originale) ricorda come il figlio fosse sempre pronto a mettersi nei guai fin da bambino, un anarchico puro ma anche un bastian contrario viscerale, che, dice lei, “non fa paura a nessuno tranne che a me”. Le persone intorno a lui, soprattutto le donne – la madre, l’ex moglie, la dottoressa che controlla il suo stato di salute, la sua migliore studentessa – tentano di proteggerlo, ammirando la sua radicalità ma temendo la sua ostinazione, ma ciò che fa di lui un colossale rompiscatole lo rende ai loro occhi un eroe (anche romantico). L’unica a non volergli stare vicino è la figlia, che ha vinto da sola la sua battaglia contro l’assuefazione alla droga e non gli perdona di non esserle stato vicino.
German è qui meno manierato del solito (lasciando al suo protagonista il gusto calligrafico per gli ideogrammi), anche perché le sue consuete inquadrature impeccabili devono includere il disordine che abita la casa e l’esistenza di David. Nei panni del protagonista c’è il grande interprete georgiano Merab Ninidze, visto di recente in The Courier e nella serie televisiva McMafia. Il suo David è un personaggio dostoevskiano con la sensibilità umanista di Jean-Paul Sartre, non a caso citato all’inizio del film, e una quota di provocazione infantile (tanto che la sua protesta si concretizza in una vignetta alla Charlie Hebdo). E la sua ironia alleggerisce la narrazione, anche quando viene ricompensata con una carica di botte o con l’ennesima angheria.
La confezione di German Jr. è più convenzionale che illuminata, più accessibile che sorprendente, ma Delo è un ottimo promemoria di quanto possa essere pericoloso essere uno spirito libero sotto un governo corrotto e repressivo, più feroce contro una testa libera che contro combattente armato. E ci ricorda quanto un certo tipo di resistenza, anche quando non riesce a piegare gli animi, può indebolire fatalmente i corpi – esempio calzante: Josif Brodskij.