Questa sera su Cine Sony alle 21.10, Arriva la bufera di Daniele Luchetti, film del 1993 con cui il regista di Il portaborse cercò di raccontare l'Italia dell'era Tangentopoli. Successe poco più di vent'anni fa, sembra una vita. Su Cineforum ne scrisse Pierpaolo Loffreda sul numero 323.
Dove sta andando il cinema dei giovani autori italiani? Forse in nessun luogo, e non sarebbe neanche male (perché fissare o prefigurare sempre mete prestabilite, in fondo?) se la crisi, avvertita pesantemente anche al botteghino, non colpisse innanzitutto le idee minime alla base della realizzazione dei film e la capacità inventiva di molti autori e sceneggiatori che pare abbiano rinunciato a tentare di dar vita a qualcosa di meno sciatto o prevedibile di quanto ci si potrebbe aspettare.
I casi recenti di film come Nel continente nero e Puerto Escondido confermano purtroppo una linea di tendenza pericolosamente in discesa, per quanto riguarda la qualità. Sembra non trattarsi cioè soltanto di una carenza di prospettive o di congiunturali problemi economici (sono ormai ridotte al minimo le opere in cantiere), quanto semmai della ripetitività di schemi e modelli abusati, a partire ovviamente da quelli della commedia. Anche per questo l'intento di mettere in scena una vicenda legata all'attualità più urgente (pubblica corruzione e ladrocinio privato in un paese occidentale incivile, saccheggiato dai suoi governanti e privo di ogni possibile senso di responsabilità) adottando un registro grottesco e toni surreali ci ha incuriosito, sollecitandoci ad una visione attenta del nuovo film di Daniele Luchetti. La storia narrata è quella di un giudice impegnato a condurre un'inchiesta su un caso di ordinario malaffare che si rivelerà sintomatico della più generale corruzione e corruttibilità dell'intero paese.
Ogni personaggio messo in gioco presenta una doppiezza inquietante: il lestofante inquisito è anche un sognatore sentimentale; e la sua ragazza, in apparenza angelica e ingenua, si rivela un'abile calcolatrice; il giudice infine, nonostante i suoi atteggiamenti censori e la sua aria integerrima, da una parte vive una feroce crisi interiore e dall'altra non è immune da certe lusinghe. A tutto ciò si aggiunge un intreccio amoroso che coinvolge i tre protagonisti e un vulcano minaccioso sempre in procinto di sommergere ogni cosa col suo fuoco purificatore.
Luchetti riesce, col suo traboccante apparato allusivo e con questa galleria di maschere allegoriche, a sfuggire alla retorica didascalica del Portaborse o a operazioni di tipo mimetico-televisivo, ma l'esito complessivo del suo apologo appare piuttosto deludente rispetto alle intenzioni e ai coraggiosi presupposti, e non tanto perché la realtà sembra, in questi giorni un po' ovunque in Italia, aver superato abbondantemente ogni immaginazione (il film è stato scritto e progettato prima dell'esplosione di Tangentopoli).
Ciò che manca ad Arriva la bufera è piuttosto la coerenza narrativa, la possibilità cioè di tenere saldamente in mano tutto il gioco senza cadere in incongruenze, vuoti dovuti all'incertezza, ripensamenti e pigrizie, tempi morti, e alla consueta volgarità delle macchiette, dei ruoli e dei personaggi di contorno stereotipati, delle battutacce mutuate da una tradizione cinematografica infausta (valgano per tutte quelle relative alla stoltezza dei carabinieri che si fanno rubare la macchina di servizio). Lo sviluppo narrativo disarticolato e poco convincente appanna così i caratteri dei protagonisti (pur interpretati in modo apprezzabile da Abatantuono, Buy e Orlando), mentre risulta ampiamente prevedibile la deriva della vicenda.
Anche le metafore impiegate (la cantante di successo che ha "acquistato" la voce di una sconosciuta, le scorie immonde che si riversano sul paese, transennato e pericolante, la fuga dei colpevoli fra una pioggia di rifiuti puzzolenti) non sempre riescono a colpire nel segno. Il film raggiunge invece i suoi momenti più compiuti – e talvolta anche felici – nella descrizione deformata di alcuni ambienti (come la discarica di proporzioni cosmiche ai margini del paese, su cui troneggia una balena morta) e in qualche scarto brusco offerto da certe visioni insolite escogitate dall'autore, come l'affastellarsi senza senso degli oggetti di consumo nelle stanze o la fuga delle formiche prima che sopraggiunga il disastro annunciato.