Questa sera su Tv8 (canale HD 508) alle 21:25 Heat – La sfida di Michael Mann. Film “dall'apparente classicità” come scriveva Federico Chiacchiari in uno dei due articoli pubblicati su Cineforum 351. Riportiamo alcuni estratti della sua scheda, consigliandovi anche l'articolo di Giona A. Nazzaro.
La struttura di questo incredibile film di Michael Mann è complessa, o meglio "doppia", contemporaneamente tradizionale e sperimentale. Perché a prima vista appare proprio come uno straordinario film "classico", con tanti personaggi in ruoli perfettamente stabiliti [...] come avveniva solamente nei film dei migliori "director" hollywoodiani, primo fra tutti Howard Hawks. Avere poi nel cast due personaggi del calibro di De Niro e Pacino (due star per eccellenza del cinema mondiale) e riuscire ad evitare che si azzannassero alla conquista dei fotogrammi e della scena l'uno dell'altro dev'essere stata impresa ardua (cioè stuzzicare il loro straordinario professionismo invece del loro "protagonismo"). Ogni cosa è a suo posto e la durata, circa tre ore, aiuta la storia a far vivere con un senso tutti i personaggi, a incasellarli in un contesto credibile ed emozionante.
Eppure, contemporaneamente a questa apparente "classicità", Heat fa pensare alle moderne forme della comunicazione computerizzata, quelle che attraverso il linguaggio interattivo dei Cd-rom e "la rete delle reti" Internet permettono di comunicare col mondo. Ed ecco immaginarsi Heat come una gigantesca Home-Page di un sito Web, con la storia che procede per accostamenti, per sovraesposizioni. C'è un personaggio, un "clic” sopra, ed ecco comparire la sua storia, le sue debolezze, i suoi conflitti, il suo percorso/destino all'interno della trama. Ad ogni attimo è possibile immaginare un nuovo percorso, una strategia differente, come se mille volte ci si trovasse di fronte a dei bivi (della storia, della vita, dei destini umani). […]
Il film va avanti per piccoli frammenti, in cui ogni volta uno o due personaggi mettono in gioco se stessi, il lavoro come conflitto con la propria vita privata. Non che sia un film costruito al computer, tutt'altro, ma è un film dove l'ordine dei frammenti di quotidianità appare "casuale", così come accade nella vita reale.
E allora, andando a rileggersi i pochi esempi sopra citati per evidenziare la struttura da linguaggio multimediale del film di Michael Mann, risalterà immediatamente agli occhi la centralità dei personaggi femminili in questo film. Da non crederci. Tre ore di un film d'azione, diretto dal più bravo dei cineasti in questo campo, interpretato da due mostri sacri del divismo maschile, ed ecco che Michael Mann inserisce un incredibile punto di vista femminile che diventa la vera chiave di lettura della storia, del film (e, forse, della vita).
[...] Perché punto di vista femminile del film? Semplicemente perché le donne in questo film (e, forse, nella vita) sono migliori degli uomini, che sprecano la loro esistenza nello spararsi addosso, nel rincorrersi, nell'agitarsi il più possibile per dimostrare a loro stessi di essere vivi. Loro, le donne, non ne hanno bisogno, semplicemente vivono. […] tutti hanno una donna che è migliore di loro, che non li abbandonerà nel corso della storia, che darà ad ognuno di loro una chance. Vincent avrà bisogno del tentato suicidio della figliastra per "capire" l'insensatezza della sua vita, e Chris avrà salva la vita proprio dalla tanto maltrattata (ed amata) Charlene.
Quanto a Neil, la sua ossessione finale è una vera e propria malattia. Possiamo anche credere che il moralismo hollywoodiano non ammetta un cattivo "vincente", e forse Mann ha "dovuto" chiudere la storia così. […] Perché, è banale ma è l'archetipo, egli è tendenzialmente un eroe tragico, che racchiude in sé tutto il dramma, il pessimismo dell'uomo di oggi. Un dramma, un vuoto, un'impossibilità ad uscire fuori dagli schemi preconfezionati che condivide in pieno anche Vincent, che non si "salva' perché poliziotto, ma perché in qualche modo “redento" dall'uccisione di quel suo ingombrante ed ossessivo doppio. Ma quel finale, con Neil morente sanguinante sopra un bidone e Vincent che gli stringe - teneramente - la mano è una delle scene più commoventi che mai un thriller abbia avuto. Distrutta la metà cattiva (di se stesso) quella che rimane prova pietà e compassione per quel suo io dilaniato. In un film che davvero dilania i sensi e gli sguardi dello spettatore. Perché è fuori dalle coordinate abituali del film di genere. Ti aspetti l'azione? Ed eccoti mezz'ora di primi piani di uomini e donne alle prese con i loro problemi relazionali, e non solo i protagonisti, ma anche i personaggi minori, come il ragazzo di colore appena uscito di prigione, con la ragazza che cerca di stargli vicino e che apprenderà drammaticamente la sua morte dalla televisione. [...] E Mann, che dirige con una mano talmente felice da sorprenderci scena dopo scena, passa con disinvoltura straordinaria da una coppia all'altra, in una miscellanea di storie, relazioni, sentimenti, squarci di amori vissuti in fretta, brandelli di possibili futuri, attimi unici, come al cinema, come nella vita.
E poi? Quando ti aspetti un "thrilling-mélo” [...] ecco che Mann si inventa la più straordinaria scena di rapina in banca che si sia mai vista al cinema. Lunga, estenuante, cruenta, atroce, sanguinaria, infinita. Girata per le strade vere e in una banca vera (Mann è riuscito a realizzare il film in ben 85 differenti locations, non filmando neanche un fotogramma in un teatro di posa!) è costruita con una geometria e dei tagli di montaggio tali da farti partecipare all'azione, da far sentire lo spettatore al centro di quell'incredibile ed estenuante sparatoria per le vie di Los Angeles.
Sarà per la presenza di Al Pacino, ma era da Carlito's Way che non si provavano tante emozioni in un film del genere "gangsteristico-poliziesco". Nessun critico si permetterà mai di citare Michael Mann tra i più straordinari "autori" del cinema mondiale, ma in fondo chi se ne importa, quello che conta è che quest'uomo, questo grande cineasta, continui a regalarci pellicole immense come Strade violente, Manhunter, The Keep, L'ultimo dei Mohicani e questo struggente attimo di infinita bellezza che è Heat.