Questa sera su Italia 1 alle 21.10 Jurassic Park di Steven Spielberg! Ecco la nostra recensione d'archivio, un estratto, dallo speciale firmato Alberto Crespi e Franco La Polla. Lo trovi per intero su Cineforum 327.
Mentre già si fanno pronostici su tempi e modi della realizzazione di Jurassic Park 2, sarà bene rendersi conto che Spielberg ha realizzato in un sol colpo i capitoli l , 2 e 3 del proprio film, più un grazioso making of che è già compreso nel film stesso. Jurassic Park non è il più grande film di tutti i tempi (ci mancherebbe), non è nemmeno il miglior film di Steven Spielberg, ma è sicuramente l'operazione commerciale più sapiente che Hollywood abbia mai realizzato. Ammaestrato dall'indotto di molti suoi film precedenti, nonché dall'esempio di Batman (forse il primo film della storia in cui l'oggettistica di scena era già totalmente pronta a trasfor- marsi in gadget), Spielberg ha sostanzialmente assorbito nel film tutti i rrocessi commerciali che normalmen- te partono dopo i film, in fase di post-produzione. Jurassic Park parla di un parco di divertimenti ma è al tempo stesso quel medesimo parco di divertimenti. Ecco dunque i berretti, le magliette, il mobilio, i dinosauri pupazzo, le jeep: tutto materiale da set già pronto a trasformarsi in prodotto da vendere. E insieme ovvio e normale che, nella struttura creata dal miliardario Hammond, ci sia anche un negozio di gadget, sul quale la cinepresa di Spielberg indugia in una sequenza che è un capolavoro di improntitudine auto-promozionale: e lì si vendono le stesse cose che ora possiamo comprarci noi.
The making of «Jurassic Park»
Insomma, Jurassic Park è una gigantesca mise en abime: è un film che parla di Jurassic Park (parco e film stesso, per così dire "raddoppiato"): e forse non èun caso che come proprietario-inventore del parco sia stato scelto un attore che è anche e soprattutto un regista, R1chard Attenborough. La mise en abime, come è noto agli studiosi di semiologia, è una forma di riproduzione teoricamente infinita, e infatti Spielberg piazza anche un film nel film nel vero senso della parola. E il suddetto making of, il filmato esplicativo che gli scienziati debbono guardare (letteralmente "incatenati" alla sedia, altra notazione ironica) appena arrivati al parco. In esso vediamo Attenborough raddoppiarsi,"clonarsi" ali mfimto, e naturalmente anche il contenuto del filmato si raddoppia: le immagini, a metà fra il Walt Disney "pedagogico" e i cartoons di Quark, spiegano come Hammond ha realizzato il parco e, in senso traslato, come Spielberg ha realizzato il film. La simbiosi è totale e il gioco di specchi riproducibile all'infinito.
Il simbolo di questa tattica di accerchiamento multimedial-polisemico sono, naturalmente, i velociraptor. I quah cacciano in branco e sono pure giocherelloni. Per quanto lievemente prevedibile, la sequenza in cui i velociraptor incastrano il cacciatore Muldoon è notevole. Muldoon sta mirando uno dei rettili, che resta apparentemente immoto, senza accorgersi del pericolo: ma mentre l'uomo sta per premere il grilletto, si accorge che l'altro velociraptor gli è arrivato di lato e sta con le zanne a un millimetro dal suo orecchio, con l'aria arguta di chi dice «t'ho fregato, eh?». La sequenza è decisamente ironica e la battuta di Muldoon («So you are a clever giri!»: i dinosauri sono tutti di sesso femminile) lo sottolinea. Tanto ironica, da pensare che in quel momento Muldoon siamo noi, i velociraptor sono le mille incarnazioni di Spielberg, capace comunque di "fregarti" e di "incatenarti alla sedia", qualunque siano le tue cognizioni scientifiche e le tue difese psicologiche. Non a caso i velociraptor sono tre e i film, come dicevamo, sono tre.