Questa sera su La7, alle 21.10, uno dei film meno conosciuti e perciò da riscoprire dei fratelli Coen, Ladykillers, commedia del 2004 e remake di La signora omicidi Alexander Mackendrick (1955). Riproponiamo la recensione di Marco Bertolino, apparsa sul n. 436 di Cineforum (clicca qui per acquistare il pdf del numero).
Lungi dal configurarsi come un ordinario remake, Ladykillers si impone come una nuova tappa del viaggio di Ethan e Joel Coen attraverso il cinema americano, in bilico fra cinefilia e citazionismo, nostalgia e postmodernismo. Ecco perché se ha già poco senso parlare, come spesso si è fatto, di opere minori (clamoroso il caso di misconoscimento di Fratello, dove sei?, titolo essenziale per la comprensione della poetica coeniana), ha ancora meno senso sforzarsi di individuare prove più o meno “personali” nella produzione dei temibili fratelli del Minnesota: ogni loro nuovo film è come un tassello di un puzzle che lentamente prende forma. La differenza sta esclusivamente nella riuscita artistica e realizzativa.
In questo caso ci troviamo di fronte a una personalissima rilettura di una celebre commedia britannica di Alexander Mackendrick, connotata da un caratteristico e corroborante humour al vetriolo. Se le coordinate fondamentali dell’ossatura narrativa delle due pellicole sono sostanzialmente identiche, è evidente che per i Coen l’originale non è che un canovaccio, per brillante che sia: semplicemente, in ambedue i casi, l’intreccio prevede un furto clamoroso da parte di cinque delinquenti che prendono in affitto una camera e decidono infine di uccidere l’ignara padrona di casa, salvo eliminarsi a vicenda lasciando il bottino nelle mani dell’arzilla signora.
La rielaborazione del testo originale consente all’ormai ufficializzato duo registico (per la prima volta il film è firmato da entrambi) di affrontare la rivisitazione dell’ennesimo (sotto)genere del cinema statunitense, ovvero la commedia nera hollywoodiana degli anni Quaranta e Cinquanta, il cui esempio più celebre è certo Arsenico e vecchi merletti. Non ci si stupirà di tale accostamento, riflettendo in che misura già Mr. Hula Hoop, per fare un esempio, potesse essere letto come una versione stravolta e incattivita dei film di Frank Capra: il côté narrativo di Ladykillers potrà anche sembrare lontano da quello della black comedy interpretata da Cary Grant, ma i meccanismi comici presentano nondimeno alcune analogie. Nella pellicola di Capra come in quella dei Coen, la costruzione dei gag è surreale, il loro ritmo è in crescendo e il loro accavallamento talora irresistibile: in parti- colare il segmento conclusivo del remake, con i vari tentativi di eliminare l’anziana signora andati in fumo e le morti grottesche dei personaggi, richiama le sequenze della scoperta dei cadaveri di Arsenico e vecchi merletti, con successiva rivelazione della natura omicida delle due temibili zie.
Similare anche il cinismo dello sguardo registico: più inedito per il buon Capra, forte di un atteggiamento solitamente ben disposto nei confronti dell’umanità, tutt’altro che inatteso per i Coen, da sempre pessimisti relativamente alla bontà del prossimo. Il loro citazionismo non risparmia nemmeno The Blues Brothers, cui rimanda dichiaratamente la sequenza, cantata e ballata, della funzione in chiesa.