Oggi è il giorno di George Clooney, della fantascienza in 3D firmata Alfonso Cuarón (Gravity), di Venezia che celebra se stessa (70 registi per 70 anni di storia in un film-patchwork intitolato Venezia 70 Future Reloaded).
Noi però vogliamo cominciare celebrando ancora una volta il lavoro di Simone Massi, "animatore resistente", artista schivo, indipendente, da sempre ai margini degli ambienti che contano. Uno di quei talenti cristallini che devono lottare ogni giorno per poter fare semplicemente ciò che sanno fare.
Nel 2012 è stato scelto come autore della sigla della Mostra (una scelta coraggiosa e intelligente) presentata quest'anno in una versione leggermente più lunga. E' suo anche il manifesto del festival, che vedete qui a fianco.
A lui abbiamo chiesto di tornare a raccontarci quel lavoro in poche parole. Ci ha risposto così:
La sigla della Mostra di Venezia è l'animazione che sento meno mia perché ha un ritmo infernale, i colori picchiettati e i fotogrammi sono riproduzioni di film di altri autori, anzi Autori con la maiuscola. Anche se quei film e quelle immagini alla fine non sono che racconti che ho visto/sentito e che mi hanno turbato il sonno, ed io, per innamoramento o per brama di quiete, quelle storie le ho prese, rubate, fatte diventare mie: in un certo senso sono diventate anche mie. E poi sì, è vero che in quel pugno di secondi ci stanno i miei cicli, i miei bianchi e neri graffiati e ci sono perfino dentro io, io bambino a pescare su una barca e io come sono adesso, a indossare un cappotto. Ecco, sarei un bugiardo se negassi che entrambi - il bambino e l'uomo - non hanno mai smesso di correre dietro ai sogni e tentano ancora di afferrarli. In conclusione dipende da come mi alzo, dalla luna dritta o di traverso: potrebbe anche essere che la sigla della Mostra di Venezia sia l'animazione che sento più mia.