Quanti altri film di adolescenti americani che passano il tempo a fumare erba, fare sesso casual e sbronzarsi alle feste in un limbo di crisi esistenziale si possono ancora fare? Evidentemente ancora molti, o almeno questo è quello che pensa Gia Coppola (nome d’arte di Giancarla Coppola, suo nonno è un certo Francis-Ford e sua zia si chiama Sofia) regista di Palo Alto, presentato nella sezione Orizzonti.
I bored teenagers movies sono ormai un vero e proprio genere, con i propri topoi, i propri padri putativi (Larry Clark, Gus Van Sant, Harmony Korine), i propri capolavori che hanno fatto scuola (Elephant, Paranoid Park, Springbreakers). E non stupisce dunque che una regista “figlia d’arte” (o nipote in questo caso) come Gia Coppola si cimenti in un’opera prima di un genere già consolidato e dal coefficiente di coolness garantito, anche grazie agli attori protagonisti Emma Roberts e James Franco.
E qui arriviamo alla prima nota dolente di questo film: James Franco. Nella sola giornata di ieri Franco era presente al Lido con ben due film in qualità di regista, attore, produttore, sceneggiatore e addirittura autore di opera letteraria (!) – il romanzo Palo Alto Stories – da cui è stato tratto il film della Coppola. Come ha scritto Lorenzo Rossi ieri, Franco nell’ultimo anno ha avuto tre film come regista e ha recitato in ben sette film. Il suo talento e poliedricità sono indiscutibili tanto quanto il suo narcisismo e presenzialismo: nei quaranta minuti di conferenza stampa per Child of God, seduto accanto a Scott Haze che praticamente è quel film, è riuscito a parlarne trentacinque facendo fare allo straordinario interprete del suo film il ruolo di comparsa. Ma tant’è. La cosa pare che valga anche per Gia Coppola, dato che anche lei sembra essere presa dalla Franco-bubble di questo 2013 avendo dichiarato: “Sono stata fortunata, e lo sono ancora, che Franco mi abbia dato fiducia. Mi ha tanto sostenuta, lasciandomi libera di interpretare e adattare i suoi racconti e contemporaneamente mi ha aiutato ad affrontare le difficoltà della regia. Grazie, James”.
Insomma, se si mette di fronte il nome James Franco si va sul sicuro. E questo purtroppo è anche il problema di Palo Alto: andare sul sicuro e rischiare troppo poco. La storia – che incrocia le vicende di quattro adolescenti di sedici-diciassette anni in crisi esistenziale nella città californiana di Palo Alto – avrebbe anche più di un motivo di interesse. Non si tratta infatti del luogo marginale dei drop-out di Gummo o dei piccoli criminali che piacciono a Larry Clark.
I ragazzi della Coppola sono ragazzi di famiglie benestanti ma assenti, e abitano come tutti i loro coetanei quel limbo di possibilità dell’adolescenza dove le scelte possono virare in direzioni completamente diverse, anche pesantemente tragiche, con una buona dose di casualità. Finire in un riformatorio per una bravata, avere la prima esperienza sessuale con un adulto che se ne approfitta, ma anche rischiare la vita per il piacere inebriante della vicinanza alla morte, sono tutte esperienze che si trovano l’una accanto all’altra: può finire con un grande amore o in tragedia indifferentemente. E non è un caso che la Coppola faccia ampio uso del montaggio alternato per farci vedere la com-possibilità di scelte opposte.
Sullo sfondo, assordante, l’assenza delle figure adulte. Perché questo filone di film, poi, è molto spesso una spassionata riflessione su come si possa trovare un equilibro soggettivo, che non sia schiavo della pulsione di morte, facendo a meno dell’aiuto dei padri: ovvero, come sia possibile cavarsela da soli, arrangiandosi, o tramite l’aiuto di un padre che ci si crea da sé, e non lo si eredita dal passato. Ecco perché in questo film i rapporti generazionali seguono linee orizzontali.
Qui i genitori non sono fuori campo, come platealmente li mise Gus Van Sant in Paranoid Park, ma agiscono apertamente in modo negativo: sono seduttivi, vedono gli adolescenti come propri competitori (il patrigno di April le riscrive il compito, invece che correggerlo, l’allenatore di calcio Mr. B. la inizia al sesso facendole credere che la ami, per poi farsela con un'altra), li ostacolano senza capirli. E quando non circola il desiderio tra genitori e figli, questo desiderio è molto più facile che prenda la forma di una scelta autodistruttiva. Proprio come alcuni a Palo Alto non possono che finire per fare.