Ridley Scott

Alien: Covenant

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Il prologo è teologico. Siamo dalle parti dell'uovo e la gallina, versione cyberpunk: creatura (sintetica) e creatore si confrontano nello spazio astratto delle ambizioni intellettuali di Ridley Scott, che evidentemente non riesce più ad accontentarsi del “survival horror” e che probabilmente non ama più i suoi Aliens come un tempo (e infatti qui diventano quasi un accessorio). Dentro questo liturgico non-luogo – figlio di Prometheus – sembra quasi di stare nel quaderno degli appunti-suggestioni del regista: il David, Wagner, la domanda sull'origine, la mortalità-immortalità, il potere, la fede.

Dopo di che, un po' storditi dai dialoghi insolitamente solenni, ci ritroviamo dentro un nuovo viaggio nello spazio, un'astronave piena di embrioni e coloni in iper-sonno, che vola verso la nuova frontiera della galassia, dove li aspetta un pianeta ideale da cui ricominciare.

A governare la nave, insieme al computer di bordo, c'è un androide, tale Walter (Michael Fassbender), il che ci mette sull'avviso, dopo il preambolo ardito. La saga, infatti, sta per prendere una piega inaspettata (si fa per dire), andando fino in fondo alla domanda delle domande: chi sono gli Aliens?  Chi o cosa rappresentano davvero?

Si direbbe una seduta di analisi, in cui gli incubi dell'inconscio vengono fatti emergere, sublimati e poi razionalizzati, il che li rende inevitabilmente meno spaventosi, e anche molto meno interessanti. Dentro questo sequel del prequel, Ridley Scott ha deciso di buttarla in filosofia, costruendo un discorso sui colonizzatori colonizzati e sull'origine di quell'orrore che ci terrorizza fin dal 1979 - e di cui noi umani siamo “colpevoli”, gli Aliens siamo noi.

Lo sfortunato equipaggio - disposto rigorosamente a coppie maschio-femmina moglie-marito, nel tentativo (fallito) di rendere più doloroso il crescendo luttuoso, e sottolineare il futuro sterile dell'umanità – decide di atterrare su un pianeta da cui arrivano misteriosi segnali, una specie di Eden, se non fosse per l'agghiacciante assenza di esseri viventi. Ed è lì che torniamo a incontrare i vecchi ripugnanti amici, moltiplicati generosamente in varie fattezze, dimensioni, capacità assassine.

Il film dà il meglio di sé proprio quando smette di pensare, di fare il sofisticato, e si lascia ammorbare dal pericolo, la paranoia, il terrore. Qui Ridley Scott mostra ciò che è capace di fare, il suo talento visivo, la capacità di creare atmosfere angoscianti, di produrre soluzioni folgoranti. Peccato però che i personaggi si ostinino a parlare (forse una delle peggiori sceneggiature del decennio), che ci sia una trama da sviluppare (il finale lo prevedi a metà film), che le idee anche suggestive alla base dell'operazione non riescano quasi mai ad essere incarnate in modo credibile nel corpo del cinema. Peccato soprattutto che il discorso sull'androide, la sua ambiguità (compagno di avventura con una sua dignità o tecnologia che sfugge al controllo del creatore?), il rapporto col padre-padrone-dio, la riflessione sul potere-sapere-amare, si concretizzino in uno sdoppiamento del protagonista che produce solo ilarità.

Possibile che nessuno, in fase di produzione, si sia accorto della comicità involontaria di certe scene (quella omo-ego-erotica col flauto è già scult), di quanto sia pretenziosa l'impalcatura di “cultura alta” su cui viene appoggiata l'esile trama, di come il film cada spesso e volentieri nel ridicolo? La nuova eroina androgina Katherine Waterstone fa il suo, ma non diventa mai memorabile. Quanto a Michael Fassbender, si vede lontano un miglio che non ci credeva.

Era meglio quando Ridley Scott giocava col b-movie, sporcandosi le mani con le viscere e le profondità del corpo e della mente. Questo prometteva il passaggio da Prometheus a Covenant, una specie di ritorno alle origini, anche se in linea con lo spirito del tempo, con l'ansia delle grandi domande inevase che torna ad attraversare anche il cinema. Il risultato, ahinoi, sembra più una pietra tombale sulle origini e pure sulle domande, viste le risposte risibili, accompagnate dall'Entrata degli Dei nel Walhalla di Richard Wagner. Sigh.

Alien: Covenant
Usa, 2017, 123'
Titolo originale:
Alien: Covenant
Regia:
Ridley Scott
Sceneggiatura:
Jack Paglen, Michael Green
Fotografia:
Dariusz Wolski
Montaggio:
Pietro Scalia
Musica:
Jed Kurzel
Cast:
Amy Seimetz, Billy Crudup, Callie Hernandez, Carmen Ejogo, Danny McBride, Demián Bichir, Jussie Smollett, Katherine Waterston, Michael Fassbender, Nathaniel Dean, Nathaniel Dean
Produzione:
Brandywine Productions, Scott Free Productions
Distribuzione:
20th Century Fox

Il film racconta della missione di colonizzazione del pianeta Origae-6, sul fianco estremo della galassia, da parte dell'astronave Covenant con a bordo 2000 persone addormentate artificialmente e sulle quali veglia l'androide Walter.

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