Alex Garland

Annientamento

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Alla base della fantascienza di Alex Garland c’è sempre stato un isolamento. In alcuni casi rappresentato dalla ricerca di un posto sicuro in cui trovare rifugio, in altri da un luogo di reclusione ed estraniamento; oppure, ancora, dalla necessità di uno spazio in cui abbandonarsi, per ritrovare se stessi e trovare delle risposte. Dalla comunità di non infetti in 28 giorni dopo, alla nave spaziale di Sunshine, fino al laboratorio di Ex Machina, passando per il college di Non lasciarmi e il condominio-fortezza di Dredd, lo sceneggiatore britannico ha sfruttato ripetutamente questo spunto narrativo per costruire le sue storie e dare vita ai suoi personaggi. Una continuità tematica e strutturale che ha concesso a Garland di poter mettere sotto la lente d’ingrandimento e analizzare i vari “casi di studio” presenti in ogni sua narrazione, in un costante e perfetto equilibrio fra “fanta” e “scienza”.

Forse però mai come in Annientamento il luogo dell’isolamento ha ricoperto un ruolo così evidente e rilevante. Dell’Area X dov’è ambientata la storia, in realtà si sa davvero poco. Perfino le pagine del romanzo di Jeff VanderMeer da cui il film è tratto, non sono così d’aiuto: «quando ebbe origine l’Area X, le informazioni erano vaghe e confuse, ed è tuttora vero che al mondo pochi sono al corrente della sua esistenza». Quel che si scopre, si intuisce e si può ipotizzare con l’avanzare dei minuti è che l’Area X è un territorio dove un fenomeno in costante espansione e dall’origine sconosciuta altera le leggi fisiche, trasforma gli animali, le piante, e che sembra manipolare lo stesso scorrere del tempo. Probabilmente per capire meglio cosa possa significare – nell’idea di mondo di Alex Garland – abitare uno spazio di questo tipo, è necessario fare un passo indietro, tornando mentalmente all’epilogo della sua prima regia, Ex Machina

Una mente virtuale, creata in laboratorio, programmata in modo da funzionare come un collettore di pensieri, ricerche, domande e risposte dell’intera popolazione mondiale; una mente capace di ragionare, in questo senso, come se fosse l’umanità stessa nella sua interezza, ma con la freddezza matematica di un computer: Ex Machina si concludeva così, con la dimostrazione per immagini del superamento del test di Turing, con la nascita di un iper-umano sintetico capace di essere più umano dell’umano stesso. Con un protagonista “in carne ed ossa” che dopo una settimana di isolamento assieme all’androide non è più in grado di distinguere il reale dal virtuale e finisce col mettere in discussione la sua stessa natura. Con uno spettatore incapace fino alla fine di penetrare con lo sguardo la superficie delle immagini per capire nel profondo quello che sta vedendo. 

Il ragionamento alla base di Annientamento inizia esattamente dove finisce quello di Ex Machina: con la messa in scena di un mondo – quello dell’Area X – che incarna perfettamente l’ambiguità perturbante dell’androide protagonista del precedente film di Garland. Uno scenario in continua evoluzione e mutazione che a tratti può apparire familiare, ma che riesce al contempo a mettere in crisi ogni certezza e fondamento. È un ambiente che si nutre costantemente delle novità, le assimila per poi rimescolarle e creare nuova vita. Non è di certo un caso quindi che a far da guida allo spettatore ci sia una biologa, sempre pronta ad affrontare e a studiare la “nuova carne” che avanza. Con Lena, questo il nome del personaggio, si diventa testimoni di un viaggio frammentato nella più profonda trasformazione dell’essere verso qualcosa di totalmente inedito. 

Nel fare questo, Garland si smarca a livello narrativo e di immaginario dalle pagine di VanderMeer, scegliendo di sfruttare quest’idea di mondo per parlare in modo deciso della fine (e di un’ipotetica rinascita) di un rapporto di coppia; o, se vogliamo, di relazioni umane. In un periodo in cui molti legami si sviluppano in rete, in cui le personalità finiscono per adattarsi ai canali di comunicazione e diversi livelli di narrazione personale scorrono paralleli alla vita “vera”, ogni persona è nel suo piccolo abituata a vivere un cambiamento continuo. Tutto questo finisce col riflettersi anche nell’ambiente e nei rapporti con le persone che ci circondano, favorendo in un certo senso un progressivo, ma inesorabile distacco dalla realtà. 

Un isolamento in “un’Area X mentale” che porta ad una visione delle cose sempre più frammentata, distorta, quasi onirica. L’unica soluzione, sembra suggerire Garland, è provare ad accettare tutto questo, abbandonarsi, lasciarsi contaminare sia a livello fisico che psicologico dall’ignoto, nella continua, disperata, ricerca di un nuovo equilibrio.

Annientamento
Stati Uniti, 2018, 115'
Titolo originale:
Annihilation
Regia:
Alex Garland
Sceneggiatura:
Alex Garland, dal romanzo di Jeff VanderMeer
Fotografia:
Rob Hardy
Montaggio:
Barney Pilling
Musica:
Ben Salisbury, Geoff Barrow
Cast:
Gina Rodriguez, Jennifer Jason Leigh, Natalie Portman, Oscar Isaac
Produzione:
DNA Films, Paramount Pictures, Scott Rudin Productions, Skydance Media
Distribuzione:
Netflix

In una zona protetta degli Stati Uniti denominata Area X, quattro scienziate devono partire in missione per scoprire la natura dello strano bagliore che ha colpito la zona e che ha inghiottito i membri delle precedenti spedizioni. Nessuno è mai tornato, a parte Kane, il marito della biologa Lena. Sarà proprio quest'ultima, dopo aver visto il marito sentiri male ed essere messo in quarantena, a unirsi alla missione e entrare nell'Area X per scoprirne il mistero.

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