Baby le cuffie, non le toglie mai. La musica detta costantemente il ritmo delle sue azioni, dei suoi pensieri e delle sue emozioni. Ha canzoni, playlist e iPod adatti ad ogni situazione. Da piccolo ha avuto un incidente: gli è rimasto un fischio nelle orecchie e usa la musica per coprirlo.
Baby le cuffie, non le toglie mai perché vivere seguendo melodie a lui familiari gli permette di tenere a bada il mondo esterno, di essere sempre il più veloce di tutti, di non farsi mai beccare.
La musica, in Baby Driver, rappresenta l’unica vera alternativa ad una realtà altrimenti insostenibile. Ed è per questo che Edgar Wright adatta la propria regia non tanto al punto di vista del giovane protagonista quanto al suo “punto d’ascolto”: le immagini, il montaggio e le coreografie sono infatti completamente al servizio delle canzoni che escono dalle cuffie di Baby, le pistole e le esplosioni “suonano” come strumenti musicali mentre le automobili sterzano e derapano a pieno ritmo, trasportando in questo senso lo spettatore all’interno di una visione del mondo distorta, elettrizzante e travolgente. Perseguendo quest’idea, il regista della “trilogia del Cornetto” mischia le carte dei generi, fondendo l’adrenalina dei film tutti sparatorie e inseguimenti con l’astrazione immediata, sincera e romantica del musical, traslando – in maniera simile all’operazione messa in piedi da Damien Chazelle con La La Land – la fantasia disincantata del cinema musicale verso un’insolita accezione realistica, appartenente in questo caso al genere action. A differenza del film di Chazelle, in Baby Driver non esistono momenti di “sospensione narrativa” vera e propria attraverso sequenze di ballo e canto, eppure anche qui traspare, in maniera molto simile, la sensazione che nell’aria aleggi un costante e irrefrenabile bisogno di rifugio in un’atmosfera magica e disincantata che non appartiene al nostro mondo.
Un’idea di fuga costretta inevitabilmente a scontrarsi con la realtà dei fatti, che continua però ad autoalimentarsi grazie al sogno di poter scappare senza costrizioni, senza fretta, senza essere inseguiti, senza conoscere la destinazione né il brano che l’autoradio suonerà come successivo. Un’idea di fuga tenuta in vita dal sogno di essere liberi.
Ed è per questo che in un certo senso Baby – sempre silente, con il volto angelico, le idee chiare, la consapevolezza del proprio valore e una determinazione contagiosa – è il miglior eroe possibile per la propria generazione. Sfruttato per il proprio talento, quasi imprigionato da una società (criminale) il cui unico scopo è quello di arricchirsi costantemente, ascolta la propria musica e vive ogni rapina e ogni inseguimento in modo distaccato, nella bolla che si è accuratamente creato; non vuole rimanerne coinvolto, non vuole rinunciare all’amore. Gli altri non lo capiscono, sono quasi irritati dal suo atteggiamento, dalla sua (apparente) mancanza di emotività. Edgar Wright il suo protagonista, lo presenta che sta ballando in macchina: i restanti membri della banda stanno effettuando una rapina, mentre lui ascolta Bellbottoms dei The Jon Spencer Blues Explosion a tutto volume e danza seduto al posto di guida. Di quello che sta succedendo in quella banca, a Baby, importa poco o nulla; ed Edgar Wright sottolinea chiaramente che, anche allo spettatore, di ciò che succede in quella banca, deve importare poco o nulla.
È necessario imparare a vivere secondo la propria realtà, secondo la propria visione del mondo, altrimenti non sarà mai possibile seminare e lasciarsi alle spalle le difficoltà: è necessario registrarla, remixarla ed adattarla al proprio gusto, la realtà.
Wright tutto questo lo racconta, lo sottolinea e lo dimostra in ogni fotogramma del film, da cui emerge un’idea di cinema straripante di vita. Un’idea di cinema capace di diventare e affermarsi come la migliore idea di spettacolo possibile: una coreografia perfetta che funziona solo perché il suo regista, esattamente come Baby, la realtà sa adattarla secondo la propria prospettiva; solo perché sia il suo autore che il suo protagonista sono perfettamente consapevoli che solo scommettendo con tenacia sulla propria idea, sulla propria visione del mondo è possibile continuare ad essere i più veloci, ad essere imprendibili. Solo così sarà possibile realizzare il sogno di poter scappare senza costrizioni, senza fretta, senza essere inseguiti, senza conoscere la destinazione né il brano che l’autoradio suonerà come successivo. Un’idea di fuga tenuta in vita dal sogno di essere liberi.
La storia di un ragazzo che diventa amico di un boss criminale e la sua vita non sarà più la stessa.