Rispetto alla precedente filmografia di Juan Taratuto, La ricostruzione, il suo primo film ad essere distribuito in Italia, presenta alcune caratteristiche insolite. Qui il tono è prevalentemente cupo (anche se alla fine si rischiara) e i dialoghi sono scarni. Al contrario, i film precedenti privilegiavano i toni della commedia (pur con sfumature d’altro genere) ed erano molto dialogati.
In No sos vos, soy yo (2004), commedia malinconica, Diego Peretti era una specie di Woody Allen, il Woody Allen di Provaci ancora Sam (lo vediamo sbattere contro le librerie e comportarsi in modo goffo nei tentativi di trovare una nuova donna dopo essere stato abbandonato). In Quien dice che es fácil (2007) la commedia – tonalità prevalente – si alternava e si sovrapponeva (in un amalgama a momenti disorientante e non sempre riuscito) alle scene in cui le difficoltà relazionali del protagonista (ancora Peretti) non venivano trasfigurate in chiave comica. Ancor più leggero dei precedenti era Un novio para mi mujer (2008), il film meno personale di Taratuto, rifatto qualche anno dopo in Italia – accentuandone i caratteri cabarettistici – da Davide Marengo (Un fidanzato per mia moglie, 2014).
Allo stesso tempo, però, anche questo suo quarto lungometraggio è perfettamente in linea con i tre precedenti: se c’è una costante in tutti questi lavori è infatti il loro carattere esplicitamente “cineterapico”, la loro evidente volontà di mettere in scena la difficoltà di un personaggio di avere una vita e una relazione col mondo sane e positive. Tutti i film di Taratuto – dal più leggero e svagato (Un novio para mi mujer) al più serio e pensoso (La ricostruzione) – raccontano, in modi che appaiono a tratti didascalici, il percorso che il protagonista compie – talvolta sotto l’occhio di uno psicoterapeuta (rappresentato in modi più o meno parodistici) o di una figura vicaria (in Quien dice que es fácil, il ruolo di terapeuta, in sedute del tutto simili a quelle di uno psicoanalista, è assunto dall’avvocato del protagonista) – per raggiungere un equilibrio esistenziale, superare le chiusure e i blocchi che impediscono un rapporto pieno e soddisfacente con gli altri.
Non stupisce, dunque, scoprire dalla biografia pubblicata in Wikipedia e in altri siti che il protagonista di questo film (Diego Peretti, vero alter ego del regista – sarà presente anche nel suo prossimo film, e i titoli di coda de La ricostruzione lo accreditano di una “colaboración autoral”) abbia svolto per vari anni attività di psichiatra. Le vicende di tutti questi film portano a una soluzione – più o meno esplicitata, più o meno precaria e provvisoria – del blocco e dei problemi che determinavano queste difficoltà (in questo caso, l’incapacità di elaborare un lutto).
Certamente, La ricostruzione è il film più maturo e originale nella produzione di questo regista, anche se, nel complesso, pur avendo molte buone qualità (anche sul piano visivo: la bella fotografia e l’uso intelligente dell’ambiente), non sempre risulta pienamente convincente (più riuscita la prima parte, che accumula tensione intorno a questo personaggio difficile e asociale, più debole la seconda, che tende a spiegare e a risolvere troppo).
Come i precedenti film di Taratuto, La ricostruzione soffre di una non sempre ben risolta oscillazione tra la volontà di essere “problematico” e la ricerca di soluzioni accomodanti e consolatorie, tra l’aspirazione al cinema d’autore (certi evidenti echi dardenniani presenti in alcune sequenze) e la scorciatoia di scene “accattivanti” che strizzano l’occhio al pubblico (la beffa del compito in classe).
Eduardo vive In Argentina, in Patagonia. Non ha ancora compiuto cinquant'anni, ma non vuole più contatti con gli altri esseri umani. Ha perso la donna che amava e con lei anche l’interesse per la vita. Una chiamata però cambierà la sua esistenza, il suo ex miglior amico deve operarsi al cuore. Lui dovrà prendersi cura della sua famiglia e del suo negozio finché il suo amico non ritornerà a casa. Sarà un duro banco di prova per Eduardo che lo metterà di fronte ai demoni del suo passato.