Corri Sandra, corri. Corri come Rosetta e come tutti gli altri protagonisti del cinema dei Dardenne, prigionieri di esistenze che non danno tregua, ogni santo giorno una trafelata battaglia per la sopravvivenza.
Sulla soglia del licenziamento, Sandra ha un weekend a disposizione per convincere i suoi colleghi di lavoro – cui è stato promesso un aumento se lei perderà il posto – a rinunciare all’idea di spartirsi il suo stipendio come un bottino di guerra. Si vota di lunedì, quindi due giorni una notte è la distanza che corre tra l’avere un posto di lavoro e il non averlo più, tra un portafoglio pieno e uno vuoto, tra la dignità e la depressione. Per convincerli a non affossarle l’esistenza, Sandra i colleghi li va a trovare ad uno ad uno, e tu te ne stai lì a contare insieme a lei, quasi rimpiangi che non ci sia il punteggio in sovrimpressione.
Per fare suspense e avvincere lo spettatore i Dardenne non hanno bisogno di serial killer, viaggi intergalattici, zombie e vampiri. No, basta e avanza la crisi economica: avere un posto di lavoro e un piatto di minestra calda è roba da supereroi. Sandra non ha superpoteri, ma due figli da mantenere e l’energia dei disperati.
La disperazione è, in questo film, l’unica risorsa di cui tutti dispongono in abbondanza. Scorre a fiumi, silenziosa ma presente, da un dialogo all’altro; la vedi affiorare alla superficie di conversazioni inchiodate alle parole feticcio della nostra epoca - rate, mutui, bollette, scadenze – le uniche oggi capaci di capovolgere in un giorno il destino di un’esistenza.
Sul fronte opposto c’è invece la solidarietà, lusso che possono permettersi in pochissimi. Anche i colleghi che si dicono favorevoli al licenziamento di Sandra lo fanno per motivi del tutto comprensibili, quei quattro spiccioli in più che stanno per ricevere già mentalmente investiti in qualcosa che può dare respiro alla loro quotidianità. Ad un posto di lavoro in meno corrisponde una mezza dozzina di piccoli sogni, difesi con la tenacia di chi vuole guardare oltre la pura sopravvivenza.
Due giorni, una notte è l’Hunger Game della nostra derelitta società: miserabile e fragile come le vite che racconta, costrette ad equilibrismi sul filo di uno stipendio che oggi c’è e domani chissà. Con un finale che ti rimane dentro e non se ne va, perché Sandra a furia di correre ne ha fatta di strada, anche e soprattutto dentro di sé.
Nella scena conclusiva cammina, e lo fa a testa alta. Se lo può permettere.
Sandra, una giovane madre belga, ha solo un fine settimana per riuscire a convincere i suoi colleghi - con l'aiuto del marito - a sacrificare i loro bonus in modo che lei possa mantenere il suo posto di lavoro.