Non stupisce tanto che con perfetta puntualità sia arrivato anche il sequel dello spin-off (o reboot, fate voi) – del resto l’arte del riciclo è diventata la tendenza hollywoodiana più remunerativa e frequentata degli ultimi anni – e nemmeno che ci siano sempre gli anni ’80 a fare da nume tutelare alla saga, piuttosto che fra tutti i rifacimenti e le risuscitazioni possibili si sia andati a prendere il modello forse più debole, e senz’altro più discutibile, dell’epopea di Rocky: il numero IV.
Già perché Creed II, che è appunto il seguito di Creed – Nato per combattere, film che ha rilanciato la saga di Rocky Balboa a quarant’anni esatti dall’uscita del primo capitolo, rispolvera l’antica sfida fra il pugile di Filadelfia e il rivale Ivan Drago, boxeur sovietico dal fisico imponente (interpretato da Dolph Lundgren), che era al centro del film del 1985. Drago arriva dalla Russia insieme al figlio Viktor del quale è allenatore e propone a Rocky – che è invece il tecnico del campione del mondo Adonis Creed, figlio di Apollo, ucciso da Drago nell’incontro che apriva, appunto, Rocky IV – la sfida fra i due giovani pugili. Le vicende seguono strade piuttosto prevedibili: l’iniziale rifiuto (e l’abbandono) di Rocky e l’approvazione di Adonis all’incontro, la sconfitta di quest’ultimo, il ritorno di Rocky e la preparazione fisica e mentale per la rivincita.
Stallone si cimenta nella sceneggiatura dopo che in Creed l’aveva lasciata al regista Ryan Coogler – che in questo sequel rimane come produttore esecutivo – adagiandosi su modelli, personaggi e situazioni che appaiono datati e ormai fuori tempo. L’idea alla base del film non è nemmeno male e a dire il vero è in pieno stile stalloniano: quella di tratteggiare una storia di padri e figli che sia in senso più allargato uno sguardo malinconico sulle insidie della paternità e sulla caducità dei legami familiari. Ma anche sulla difficoltà del passaggio verso l’età matura e l’accettazione di un ruolo che non è più quello di protagonista (sia per Rocky che per Stallone stesso). E sempre tutto narrato con il tono crepuscolare, intimo e in levare che ha fatto di Rocky l’antieroe lieve e malinconico che tutti abbiamo amato e dell’ultimo capitolo della serie originale – Rocky Balboa (2006) – il capolavoro che è.
Ma sta proprio qui il problema. Se da un lato infatti in Creed II mancano la misura e la convinzione (o semplicemente una storia da raccontare) che avevano il capitolo precedente e il citato film di chiusura della saga, dall’altro questo sequel non aggiunge davvero nulla di nuovo a quanto ci è stato fin qui raccontato dell’universo espanso di Rocky. Il film del giovanissimo Steven Caple Jr. ribadisce, cita, ripete. Arrivando anche a momenti di puro scult (su tutte la cena con gli oligarchi russi in cui compare a sorpresa Brigitte Nielsen nel ruolo di Ludmila Drago, ex moglie di Ivan e madre anaffettiva del giovane Viktor) o ad altri in cui la rivisitazione del modello originale del 1985 è talmente derivativa da risultare grottesca: se il montage dell’allenamento di Rocky era tutto nella neve della taiga russa quello di Adonis ha per ambientazione il deserto messicano; se allora fu il personaggio di Stallone a persuadere Evers (l’ex coach di Apollo) ad allenarlo per la rivincita, qui è lui a lasciarsi convincere dal proprio pupillo; se nell’incontro fra Apollo e Drago Rocky non ebbe il coraggio di gettare la spugna, oggi il medesimo gesto deve essere compiuto senza indugio prima che uno dei due giovani atleti ci lasci la pelle.
Insomma assistere a Creed II se si lasciano da parte nostalgia, compiacimento e l’istintiva e naturale fascinazione per la cover, diventa un’operazione stanca e risaputa, intrisa di una malinconia artificiale e – al di là delle inevitabili commozioni – quasi telecomandata. E del resto se un film come questo ha qualcosa da insegnarci è che quando si ama una persona (o magari un personaggio), così come tutti hanno amato Rocky – a partire dal suo creatore – arriva un momento in cui bisogna essere pronti a dargli l’addio. Quel momento – ahinoi – è decisamente arrivato.
La vita di Adonis Creed è diventata un equilibrio tra gli impegni personali e l’allenamento per il suo prossimo grande combattimento: la sfida della sua vita. Affrontare un avversario legato al passato della sua famiglia, non fa altro che rendere più intenso il suo imminente incontro sul ring. Rocky Balboa è sempre al suo fianco e, insieme, Rocky e Adonis si preparano ad affrontare un passato condiviso, chiedendosi per cosa valga la pena combattere per poi scoprire che nulla è più importante della famiglia.