In Dal pianeta degli umani, Giovanni Cioni esplora i confini del documentario in un viaggio filosofico che unisce reportage e sperimentazione. Le immagini fisse e in movimento, quasi impressioniste nel loro essere iper-soggettivate, documentano un atto che l’autore compie fisicamente, ovvero il tragitto che unisce Ventimiglia e Mentone, un percorso interrotto dalla frontiera, scenario tragico della traversata di migliaia di migranti.
L’attraversamento di un confine diventa l’occasione di aprire il racconto e trasformarlo in una riflessione grazie alla presenza accanto al sentiero della morte di una villa appartenuta al chirurgo Serge Voronoff, endocrinologo russo naturalizzato francese elevato a icona negli anni del fascismo grazie ai suoi studi sul ringiovanimento umano, condotto tramite degli esperimenti di trapianto di testicoli di scimmia. Alla soglia umana e coatta della dogana transalpina si affiancano le soglie del montaggio – vale a dire, il confine che intercorre tra immagine documentaria e filmato d’archivio – e quella tra la biologia umana e il suo superamento.
Le immagini di Voronoff, di L'isola delle anime perdute, King Kong e le altre fonti d’archivio sono proiezioni del desiderio della nostra specie di superare i limiti della materia, ma anche di controllare ciò che non conosce e spettacolarizzarlo. La frontiera si fa simbolo del controllo umano sul corso della vita, della sua impossibilità di accettare la morte. Cioni compie dunque un tragitto fisico e insieme concettuale sul nostro modo di guardare il mondo e noi stessi.
Dal pianeta degli umani unisce immagine originale e immagine appropriata, nega il tempo cronologico e trova una dimensione originaria e al tempo stesso crepuscolare, apocalittica e insieme catatonica. Il ringiovanimento della specie umana agognato da Voronoff, attuato tramite l’innesto di un dato biologico originario al nostro percorso evoluzionistico, sembra riflettere l’annullamento stesso del racconto, narrato da un altrove fuori dal tempo eppure profondamente radicato nell’attualità del fenomeno migratorio.
L’attraversamento del confine, tragicamente necessario alla sopravvivenza, si fa antitesi del delirio di supremazia dell’uomo sul mondo, nato dal colonialismo ed esploso nei regimi totalitari. Il migrante affronta il rischio di morire pur di custodire e rinnovare la vita, in un mondo in cui la morte sembra ormai abolita: il suo è un atto di resistenza, sussurrato dalla voce fuori campo dello stesso regista.
Cioni riesce a cogliere lo spettro dell’immortalità che si nasconde in una frontiera, ma anche un’ipnosi collettiva lunga decenni: parte dall’origine monocellulare dell’essere umano e affronta i suoi rituali per delineare una riflessione impietosa su un presente che sembra ridurci a spettri.
Al contempo metafisico e didascalico, tragico e dissacrante, Dal pianeta degli umani è un’opera fondamentale per capire come l’individuo abbia smesso di guardare la realtà, e soprattutto di sentirsi parte di essa, distratto dal delirio di una storia post-umana.
Una villa sopra il mare, vicino al confine tra Italia e Francia. Qui, negli anni ’20, un chirurgo di fama mondiale condusse la sua ricerca sull’immortalità. Sopra la villa, passa oggi uno stretto sentiero che i migranti percorrono nel tentativo di superare il confine….
Una storia del presente come se fosse vista da un altro pianeta. Una storia del Pianeta degli Umani.