Sean Byrne

Dangerous Animals

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Come probabilmente tutti avranno notato, vista la quantità incontenibile di articoli usciti sull’argomento, quest’anno ricorrono i cinquant’anni dall’uscita de Lo squalo di Steven Spielberg. Sul film si è ovviamente già detto tutto, ma è quasi impossibile non chiamarlo in causa, per l’ennesima volta, quando in sala arriva un nuovo titolo che inserisce degli squali assassini. D’altronde, mezzo secolo fa, Spielberg diede vita a una delle icone del terrore per eccellenza, costruendo la suspence sulla paura primordiale dell’invisibile. Tra la vastità del mare e l’impossibilità di scorgere cosa si nasconde sotto di noi, lo squalo spielberghiano divenne immediatamente un archetipo horror fondamentale, destinato a ispirare decenni di B-movie.

Dangerous Animals parte proprio da quell’immaginario scolpito nel 1975, ma vi aggiunge una nuova figura altrettanto archetipica: quella del serial killer. Uno spunto piuttosto accattivante, che, ambientando la sfida tra carnefice e vittima su una nave circondata da squali, si ripromette di creare un curioso ibrido tra shark movie e slasher. Nel film del regista australiano Sean Byrne il serial killer non è soltanto l’animale” più pericoloso, ma diventa anche lo specchio dello spettatore: colui che gode nel veder rappresentata la paura e nel contemplare il sangue e la violenza. E tutto questo è confermato dal modus operandi del killer, che in questo caso rapisce le vittime dalle spiagge, le dà in pasto agli squali in mezzo al mare e filma il tutto su vecchi VHS, trasformando il massacro in uno spettacolo da riguardare davanti alla tv. In questo Dangerous Animals lavora sull’iconografia delle immagini e sul piacere voyeuristico che sta tanto alla base della violenza del killer quanto del consumo di un certo tipo di horror.



Non vuole però essere un film teorico, Dangerous Animals. È un film che si diverte a giocare con i codici del genere e offre agli spettatori tutto quello che potrebbero aspettarsi da un B-movie: sangue, divertimento e suspense. Tutto il resto, dalla teorizzazione dello sguardo alle motivazioni del killer, rimane il semplice contorno di un prodotto che non ha alcuna intenzione di sentirsi “elevato”. Da un lato, quindi, si respira un orgoglioso senso d’appartenenza al cinema di puro intrattenimento, senza troppe pretese e sovrastrutture; dall’altro Dangerous Animals si accontenta piuttosto presto di instradarsi su binari sicuri, quasi mai davvero sorprendenti. Resta un film confezionato discretamente bene, che dà allo spettatore quello che promette, ma, al di là della premessa iniziale molto azzeccata, non riesce quasi mai a costruire e regalare momenti realmente memorabili.

Arrivando da anni di elevated horror, che hanno cercato di imporre l’idea secondo cui senza un’impostazione autoriale l’orrore non meriterebbe considerazione, trovarsi davanti a un film che rivendica con orgoglio la propria natura spettacolare, fatta di predatori, sangue e tensione, resta comunque un gesto di riappropriazione a cui è difficile volere male. Rimane solo da chiedersi, se a cinquant’anni dal capolavoro di Spielberg, squali e serial killer sono ancora quello di cui abbiamo voglia. Se la risposta è sì, allora sarà, ancora una volta, godimento.


 

Dangerous Animals
Australia, USA, Canada, 2025, 93'
Titolo originale:
id.
Regia:
Sean Byrne
Sceneggiatura:
Nick Lepard
Fotografia:
Shelley Farthing-Dawe
Montaggio:
Kasra Rassoulzadegan
Musica:
Michael Yezerski
Cast:
Hassie Harrison, Jai Courtney, Josh Heuston, Ella Newton
Produzione:
Brouhaha Entertainment
Distribuzione:
Midnight Factory

Zephyr, giovane surfista ribelle, viene rapita da un misterioso serial killer che la trascina a bordo della sua barca, al largo nell’oceano. Ferita e senza via di fuga, scopre presto che il suo aguzzino non è un semplice assassino: sta preparando un macabro rituale per gli squali affamati che nuotano sotto di loro. Con il tempo che scorre inesorabile, Zephyr dovrà tramutare la sua paura in forza per affrontare il predatore più pericoloso al mondo: l’uomo.

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