Inutile negarlo, The Lego Movie è uno dei fenomeni più inaspettati della stagione cinematografica a stelle e strisce.
Recensioni (americane) che inneggiano al capolavoro (o quasi), oltre 130 milioni di dollari guadagnati in un paio di settimane di programmazione: un successo che definire inatteso è, indubbiamente, eufemistico.
Diretto da Phil Lord e Christopher Miller (già registi di Piovono polpette e 21 Jump Street), il film ha per protagonista Emmet, un ordinario pupazzino Lego, operaio di mestiere e conformista per natura. La sua vita banale verrà sconvolta per sempre quando, erroneamente, verrà scambiato per colui che salverà il mondo da una terribile minaccia.
Privo di grandi pretese, The Lego Movie è un prodotto originale e divertente, realizzato con un’efficace animazione digitale, valorizzata da un 3d pienamente funzionale.
In mezzo a tante trovate interessanti e surreali, si nasconde però una certa convenzionalità di fondo, sia in una costruzione drammaturgica fin troppo classica sia in una serie di citazioni che, furbescamente, i due registi utilizzano per riempire tempi morti e impasse narrative.
La “sorpresa” conclusiva ricorda molto da vicino l’inizio di Toy Story 3 (film di ben altro spessore, nonostante in molti l’abbiano usato come metro di paragone per The Lego Movie) e, al termine dei titoli di coda, rimane la sensazione di un prodotto riuscito ma incapace di spingere fino in fondo sul pulsante dell’anarchia, così da risultare fin troppo ordinato e succube di quelle istruzioni che, come il suo protagonista, non smette mai di seguire.
La storia segue Emmet, una comune, onesta minifigura Lego che viene erroneamente identificata come la persona più straordinaria di sempre e la chiave per la salvezza del mondo. Si ritroverà a guidare una compagnia di estranei in una missione epica per fermare un tiranno malvagio, un viaggio per cui Emmet è disperatamente e buffamente impreparato.