Nel 2019, Ladj Ly, classe 1978, genitori originari del Mali ma cresciuto non lontano da Parigi, a Montfermeil, ha realizzato dopo un pugno di corti e documentari, uno dei più impattanti e memorabili film della stagione (premio della Giuria a Cannes), I miserabili, cruda storia della guerra quotidiana e non formalmente dichiarata tra le banlieu extracomuntarie e le forze di polizia.
Nel 2024 non si distacca dal suo milieu che è evidentemente anche creativo e realizza Gli indesiderabili (così la Lucky Red per evidenti motivi di “rassomiglianza” ha intitolato quello che in originale si chiama Batiment 5 che peraltro è proprio il nome del palazzo in cui il cineasta è cresciuto).
A Montvillers, sobborgo parigino “inventato” ma molto credibile, lo scontro cova sotto la cenere del “lascia vivere”, quello tra le istituzioni (sindaco e polizia) e gli inquilini di un enorme e fatiscente caseggiato, una comunità di ultimi e malaccolti che si arrabattano quotidianamente per sopravvivere (“qui sono tutti stranieri. I francesi non abitano qui”). Appena subentrato al vecchio sindaco infartato mentre veniva demolito un palazzone, il pediatra Pierre Forges punta a ristrutturare il quartiere, a riqualificare la zona a colpi di legalità (e colpevole durezza). Non ha esperienza (“sai cosa vuol dire essere il sindaco di una città del genere?” lo ammonisce il suo secondo “molto nero e molto grosso”, praticone e conoscitore dell'ambiente) ma progressiva sicumera e si rivelerà in seguito anche incline ai colpi meno puliti. Contro di lui prova a ergersi Haby, stagista al comune e appassionata volontaria presso un centro autonomo di assistenza agli inquilini, senza cedere alla facile via del teppismo e della violenza.
Se il precedente “suonava” più sconvolgente nella sua febbrile aderenza, anche questo film-cazzotto – ma non chiuso alla speranza - si muove alternando la cinepresa addosso ai personaggi (meglio: assieme a...) a ispirate e taglienti inquadrature d'insieme (spettacolari quelle dall'alto) che rivelano anche il notevole sguardo artistico dell'autore che ha potuto avvalersi di un budget più consistente. E come accade nei “drama” più ortodossi, il percorso narrativo evolve implacabilmente verso un apice convulso e potenzialmente tragico, facendo leva empaticamente sulla nostra indignazione.
Ladj Ly possiede una tavolozza ricca di tecnica narrativa (si vedano le scene di raccordo, quasi classiche, con la musica che accompagna in montaggio le sequenze), espressività e motivazioni. Non si allontana dal terreno in cui è cresciuto e cerca di risvegliare al mondo anestetizzato e infastidito dei garantiti la coscienza delle ragioni di un'altra società ora passiva ora inasprita (“come si può vivere e morire in un posto del genere?”).
Tra gli attori, molto partecipe la prova della protagonista Anta Diaw (praticamente esordiente), mentre tra i “bianchi” agiscono volti noti come Alexis Manenti (era anche ne I miserabili e nel tematicamente contiguo Athena di Romain Gavras) e Jeanne Balibar (figlia del filosofo Etienne e figura centrale di vario cinema francese contemporaneo, da Clean di Assayas a Illusioni perdute di Giannoli).
Haby, una giovane donna molto impegnata per la sua comunità, vive nel Bâtiment 5, un enorme palazzo nella periferia parigina. Quando scopre che è stato varato un progetto di riqualificazione del quartiere, avvia una battaglia contro il sindaco per evitare la demolizione dell’edificio 5...