La grande delusione del concorso di Cannes 2013: tanto vale dirlo subito, Jimmy P. è stato uno dei titoli meno convincenti presentati, in competizione, lo scorso anno sulla Croisette.
Impossibile ritrovare il talento del regista francese Arnaud Desplechin che, per lo sconcerto di molti, sembra aver “nascosto” il suo stile per questo “nuovo esordio” in lingua inglese.
Ispirato a una storia vera, il film racconta la vita di Jimmy Picard (Benicio Del Toro), un nativo americano che, al termine della seconda guerra mondiale, inizia a soffrire di gravi disturbi psicologici tanto da venir internato in manicomio. Incapaci di formulare la giusta diagnosi, i medici dell'ospedale decidono di convocare Georges Devereux (Mathieu Amalric), un antropologo francese specializzato nella cultura degli indiani d'America.
Prendendo spunto dal testo Psychothérapie d'un Indien des Plaines: Réalité et rêve, scritto dallo stesso Devereux nel 1951, Desplechin ha scelto di descrivere la relazione che si può creare tra chi osserva e chi viene osservato, tra psichiatra e paziente, con i ruoli che arrivano quasi a sostituirsi l'uno con l’altro. In breve, davvero niente di nuovo.
Seppur scritto discretamente bene, Jimmy P. è segnato da una messinscena piatta, fiacca e persino svogliata. L’eleganza formale che Desplechin aveva mostrato ne I re e la regina (2004) e in Racconto di Natale (2008), in Jimmy P. è praticamente introvabile: l’autore lascia molto spazio alle parole e pochissimo alle immagini, con una mancanza di spessore cinematografico che (per uno come lui) rischia di apparire una scelta polemica nei confronti di un prodotto a cui forse non credeva fino in fondo.
Tra i due protagonisti, Amalric si limita a un’interpretazione da macchietta; decisamente meglio Benicio Del Toro, che si impegna molto e regala una delle rare performance (quantomeno) convincenti della sua carriera recente.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Jimmy Picard, nativo americano della tribù dei Blackfoot, che ha combattuto in Francia, è ricoverato all’ospedale militare Topeka in Kansas, un istituto specializzato in malattie mentali. Jimmy soffre di numerosi sintomi: vertigini, cecità temoranea, perdita di udito. In mancanza di una causa fisiologica, la diagnosi è schizofrenia. Tuttavia la direzione dell’ospedale decide di consultare Georges Devereux, un antropologo francese, psicoanalista ed esperto in cultura dei nativi americani. I due intraprendono insieme l’esplorazione della memoria e dei sogni di Jimmy, un esperimento che conducono come due investigatori e con crescente complicità.