Un lungo tratto di storia d’Italia – dal delitto Moro a Berlusconi, passando per il mondiale di calcio del 1982, il Costanzo Show, i plastici di Bruno Vespa e Tangentopoli – visto con gli occhi del cittadino Ernesto Marchetti (Elio Germano), uomo semplice e generoso, di professione tappezziere, traslocatore, cuoco d’asilo su raccomandazione e tante altre cose.
Il soggetto di L’ultima ruota del carro nasce da alcune conversazioni tra Giovanni Veronesi e il vero Ernesto (Fioretti), che adesso fa l’autista per produttori e registi. Il tentativo è quello di una commedia che, elogiando la normalità del suo protagonista, sappia farsi biografia personale e collettiva. Ma il risultato è deludente. Sì, perché dei numerosi eventi che gli capitano – o che vede accadere al suo amico Giacinto (Ricky Memphis), più maneggione e spregiudicato di lui – Ernesto sembra non capire un’acca. Nella sua vita ogni esperienza è data come un a priori. E a causa di questo approccio di scrittura – e di messa in scena – il film rimane presto vittima di se stesso, incapace di elaborare un immaginario autonomo e plausibile.
Succede quando si procede per accumulo di situazioni-tipo, quando una sceneggiatura piena di sottolineature dimostrative (al quarto richiamo in mezz’ora anche lo spettatore più distratto ha capito che l’italiano ambisce al posto fisso) e di personaggi sopra le righe pur nella loro voluta "mostruosità" (il Rubini politico volgare che farfuglia in dialetto pugliese e gioca a tennis con uno zoppo), diventa la sbiadita imitazione del tocco spigoloso con il quale la commedia all’italiana – da Risi a Scola, da Monicelli a Comencini – era riuscita a raccontare l’Italia, ma soprattutto chi la popolava.
Se l’Alberto Sordi di L’arte di arrangiarsi o di Una vita difficile era la maschera simbolica ma autentica dell’italiano medio che attraversava indenne fascismo, dopoguerra e boom economico grazie all’innato trasformismo, l’uomo-massa di Veronesi delega in bianco il proprio futuro essenzialmente per ignoranza. Non sa usare le bacchette al ristorante cinese, assiste con sguardo un po’ ebete alla conversazione via Skype, non ha mai saputo dove va il mondo. Non gli interessa neppure granché.
Simile al ghepardo che diventa un’attrazione alle feste cafonal della nobildonna Giulia (Francesca d’Aloja), L'ultima ruota del carro ci è parso il debole e imbalsamato ritratto di un italiano ingenuo e naïf, appesantito dai troppi parrucchini e sorretto da una prevedibile morale consolatoria.
Attraverso le vicende tragicomiche di Ernesto, un uomo qualunque che tenta di seguire le proprie ambizioni senza mai perdere i valori veri della vita, riviviamo le fasi cruciali della storia d'Italia dagli anni Settanta ad oggi. Con il sostegno di Angela, la compagna di una vita, Ernesto impara l'arte di adattarsi ai grandi cambiamenti del Paese, senza tradire se stesso ma partecipando alla strane imprese dell'amico Giacinto e degli stravaganti personaggi che il destino metterà sul suo cammino.