Che la sensibilità per il tema del global warming sia una questione eminentemente generazionale, è evidente. Ma quando Jean-Claude Carrière, che con La crociata firma la sua ultima sceneggiatura, inizia a pensare a un film sull’interessamento di un gruppo di bambini all’emergenza ecologica e all’elaborazione di una strategia per salvare il pianeta, Greta Thunberg e i Fridays for Future erano di là da venire e non avevano ancora conquistato le prime pagine di giornali e notiziari di tutto il mondo. Il terzo lungometraggio di Louis Garrel - dedicato alla memoria dello stesso Carrière - parte proprio dal confronto generazionale per sviluppare un racconto che ruota intorno all’attuale problema della crisi ecologica.
Come nel precedente L’Homme fidèle, scritto sempre a quattro mani con Carrière, l’attore e regista francese lavora sulla delusione e la disillusione che caratterizzano il mondo adulto concentrando nei personaggi di Abel (Louis Garrel) e Marianne (Laetitia Casta) l’immagine di una generazione che ha chiuso i propri sogni e i propri ideali nel cassetto, insieme a una collezione di orologi, gemelli da polso, vestiti di Dior o costose bottiglie che mai verranno aperte. I due, borghesi agiati che non hanno vissuto momenti storicamente rilevanti come i genitori (il Sessantotto) o i nonni (la guerra), scoprono - non senza stupore - che la generazione cui appartiene il figlio adolescente Joseph (Joseph Engel) ha invece qualcosa per cui lottare. Il ragazzino ha infatti venduto parte dei beni familiari da lui ritenuti superflui per finanziare un imponente progetto ecologista. Scopo del progetto - sviluppato e guidato in piena e completa autonomia da un gruppo di ragazzi di tutto il mondo organizzatisi in rete - è salvare la Terra attraverso la creazione di laghi artificiali in Africa pompando acqua dai mari circostanti.
Garrel gira una commedia onirica e fiabesca veloce e agile, per ritmo, stile e durata, che mira a scuotere gli adulti dimostrando come i ragazzini siano capaci di passare all’atto senza timori e temporeggiamenti: a vizi, capricci, dubbi e indifferenza dei genitori imbolsiti, i figli contrappongono infatti una serietà nei modi e nei toni, nei discorsi e negli interessi che solo apparentemente non gli dovrebbe appartenere come invece i turbamenti amorosi e sessuali propri dell’adolescenza con i quali continuano parallelamente a dover fare i conti. I ragazzi determinati e risoluti, restano comunque capaci di mantenere vivo uno sguardo sognante e un po’ magico che è quello di tutto il film, coerente, in questo, fino alla fine. E anche la sfrontatezza e la sincerità di cui sono dotati diventano uno strumento efficace per entrare in dialogo con la generazione che li ha preceduti senza necessariamente sfoderare ricatti, cercare colpe o creare conflitto.
La crociata per la salvaguardia del pianeta diventa così la possibilità di un racconto intergenerazionale, un film per tutta la famiglia, che riesce con leggerezza e intelligenza a portare l’attenzione su un tema spesso divisivo e poco conciliante. La capacità di narrare e filmare ad altezza bambino dialoga con il dramma psicologico borghese e dopo un esordio in bilico tra l’ironia e la gravità in cui è Joseph a guidare i genitori, il testimone passa - forse fin troppo repentinamente - nelle mani degli adulti tanto che è Marianne a condurre verso la risoluzione finale che, in uno slancio utopico, delinea un fiducioso miraggio in cui è bello pensare di poter credere.
Abel, Marianne e il figlio tredicenne Joseph vivono insieme a Parigi. La loro esistenza quotidiana viene sconvolta il giorno in cui scoprono che Joseph, a loro insaputa, ha venduto alcuni oggetti di valore prelevati dalla casa per fi nanziare un misterioso progetto ecologico che Joseph con i suoi amici porta avanti in Africa, con lo scopo di salvare il pianeta.