Insegnare, dal latino insignare, “imprimere segni nella mente”. Qualcosa che va oltre la mera trasmissione di conoscenza. L’insegnante è colui che forma i propri alunni, li aiuta a prendere forma, a comprendere e a comprendersi, a diventare adulti. Un compito cruciale nei primi anni di vita, quando all’asilo avvengono le prime scoperte del mondo e si manifestano, inconsapevolmente, le scintille di un fuoco che potrebbe bruciare in futuro…
The Kindergaten Teacher, incomprensibilmente diventato in italiano Lontano da qui, è il secondo lungometraggio di Sara Colangelo, regista italiana da anni trapiantata a New York, e il remake dell’omonimo film israeliano di Nadav Lapid. La protagonista è proprio una maestra d’asilo, Lisa Spinelli, che prende molto seriamente la sua missione pedagogica: ogni bambino per lei è una giovane e fervida mente da coltivare. Ognuno con le sue differenze e le sue differenti forme di intelligenza, come spiega bene l’alternarsi di primi piani sui loro visi all’inizio del film: una specie di appello fatto con il montaggio.
La maestra gira tra i tavoli e insegna come scrivere le lettere dell’alfabeto. La S è un serpente, la T è un tronco d’albero… Fin dalle prime fasi del processo di alfabetizzazione si intuisce la pregnanza dei richiami grafici e fonetici del linguaggio. Parole, immagini e suoni che, dai banchi dell’asilo, Lisa va a ritrovare anche al corso di poesia per adulti che frequenta. Dove, in mezzo ad altri aspiranti letterati, tenta di affinare l’arte poetica e di esercitare l’ispirazione. Con scarsi risultati. Perché l’arte, si sa, è tiranna, e l’ispirazione arriva quando vuole lei.
Un giorno infatti, quasi per caso, si accorge che uno dei suoi bambini, di punto in bianco e senza un’apparente motivazione, si mette a camminare avanti e indietro e, come colto da un estro divino, declama versi tanto belli quanto inquietanti. Soprattutto se composti da un bambino di cinque anni e mezzo. Ma per lei questo è un chiaro segno del suo genio in erba: Jimmy è un piccolo Mozart, e il suo talento, anche se acerbo, va incoraggiato, salvaguardato e protetto. Protetto da un mondo in cui non c’è più spazio per l’arte e la letteratura, e in cui vige la più totale mancanza di curiosità.
Lisa Spinelli vorrebbe circondarsi di poesia, arte, letteratura per guarire dall’aurea mediocritas in cui vive, e per questo va alla ricerca della creatività a tutti i costi. Ma la creatività non è qualcosa che si può avere a comando. È incomprensibile, incostante e testarda. E spesso fa i capricci, proprio come un bambino.
Colangelo riesce, grazie a una regia attenta ed equilibrata – che non a caso è stata premiata al Sundance Film Festival, a mettersi in ascolto del personaggio e a farci capire, sentire e forse persino vivere la sua disperata ricerca di bellezza. Ma il confine tra bellezza e tristezza è molto sottile, tant’è vero che le due parole possono anche stare bene insieme, come fa notare ingenuamente il piccolo Jimmy alla maestra. E «la tristezza durerà per sempre» risponde lei, citando Vincent Van Gogh. Una frase che il pittore disse al fratello, poco prima di suicidarsi.
Lisa è una maestra d’asilo di Staten Island che frequenta un corso di poesia, sua grande passione, che a poco a poco la sta allontanando dal marito e dai figli. Un giorno Lisa rimane incantata dal talento innato di un suo giovane allievo di 5 anni, Jimmy, capace di comporre con incredibile disinvoltura le poesie che lei ha sempre sognato di scrivere. Lisa decide così di coltivare il talento del bambino, trascurato dalla famiglia, e di proteggerlo dall’indifferenza della società, spingendosi però oltre i limiti della sua professione…