E pensare che quando Donald Cammell fece Generazione Proteus, dove l’intelligenza artificiale di un computer non soltanto si innamorava della moglie dello scienziato che l’aveva creata, ma addirittura la ingravidava, era il 1977. E fece ovviamente discutere, per ragioni evidenti. Oggi l’effetto sarebbe meno disturbante, o forse no. Ma è curioso quanto alcuni dei migliori film “del fantastico” in fondo non parlino veramente di fantastico, ma siano soltanto vicende d’amore e di morte.
Non c’è da meravigliarsi allora che Transcendence non sia in verità un’opera di fantascienza, se il produttore esecutivo è Christopher Nolan, uno che non ha mai fatto della fantascienza ma sempre e solo storie d’amore. Difatti il film di Wally Pfister non ha né il look né il passo della sci-fi, e ancor meno di un blockbuster di genere (e questo scontenterà molti). Piuttosto ha il ritmo, lo stile, l’incedere di un kolossal intimista: tanto che quello che sembra il crocevia fra Brainstorm – Generazione elettronica e Virtuality (che immagino ricordino in pochi) finisce per conquistare l’afflato quasi epico di un Lean, una specie di Dottor Zivago dove la molecola sostituisce la neve.
Nessun pamphlet sui pericoli della tecnologia, e per favore evitiamo ogni discorso parareligioso. Transcendence è prima di ogni altra cosa la messa in scena di una catastrofe sentimentale, la deriva inevitabile di un amore più forte del mondo e più forte degli uomini, un amore la cui esclusività finisce non soltanto per esiliarlo dalle cose e dalle persone, ma lo rende inconcepibile.
Il vero virus di Transcendence è l’innamoramento super partes, quello che sconfigge la fine e abbraccia l’infinito. Nessuna novità, d’accordo: ma c’è un senso di abbandono così ineluttabile e insieme così romantico, nell’abbraccio finale sul letto fra Will (Johnny Depp) e Evelyn (Rebecca Hall), che questa distruzione globale, germogliata da una minuscola cittadina nel deserto prevalentemente abbandonata (grande idea di sceneggiatura), atomic city fatta di pochi barboni, edifici cadenti e un diner polveroso, assume infine proporzioni private, la stretta definitiva e confidenziale fra due amanti che non conoscono alternative.
Upload me. Cioè caricami, e prendimi. In mezzo a un reale che ascende e cade, rimane l’intimità inafferrabile e per certi versi oscena di un desiderio amoroso che non può trovare mezzi termini e neanche un termine. Transcendence, che si snoda adagio (quale affronto, per lo spettatore odierno da multiplex) e che cede negli ultimi quaranta minuti a un’apocalisse di corpi ed elementi che per efficacia visiva batte tutto Noah e per inquietudine sembra sfiorare l’horror e tornare agli ultracorpi, racconta di un uomo e di una donna che prediligono se stessi e che non conoscono resa, nonostante tutta la conoscenza di questo universo.
Un film in minore e a voce bassa (paradossalmente, visti i temi trattati), che allarga gli orizzonti argomentativi rendendoli paesaggi ma che chiude l’orizzonte scopico su un amore a due che ha la forza e l’improrogabilità di un richiamo alle armi. Senza concessioni mélo, e senza rendiconti decisivi: al di là di ogni moralità, la vera scienza posta sul tavolo da Transcendence, ancora spaventosa e ancora largamente ingestibile, sono i sentimenti.
Il dott. Will Caster è il più importante ricercatore nell'ambito dell'Intelligenza Artificiale, al lavoro per la creazione di una macchina senziente che combini l'intelligenza collettiva del sapere universale con l'intera gamma delle emozioni umane. I suoi controversi esperimenti l'hanno reso famoso, ma anche il primo bersaglio di estremisti contrari alla tecnologia pronti a fare qualsiasi cosa pur di fermarlo. Nel loro tentativo di distruggere Will, però, gli stessi estremisti diventano i catalizzatori capaci di spingerlo al successo: al diventare parte della sua stessa trascendenza. Per sua moglie Evelyn e il suo migliore amico Max Waters, entrambi colleghi ricercatori, il problema non diventa la possibilità di andare avanti, ma l'opportunità di farlo. Le loro peggiori paure divengono realtà quando la sete di conoscenza di Will si evolve in un'inarrestabile ricerca di potere, apparentemente senza fine. L'unica cosa che hanno terribilmente chiara è che non hanno alcun modo di fermarlo.