La legge americana definisce il gioco d'azzardo come una scommessa in competizioni di chance, di fortuna, di caso.
Ed è infatti il caso, nulla più, a governare la storia vera dai risvolti improbabili di Molly Bloom, raccontata dalla stessa non-sedicente "principessa del poker", ed è lo stesso caso a trascinare la donna verso la rapida ascesa al successo. Il caso nel film di Aaron Sorkin parla il linguaggio del montaggio veloce, del ritmo frenetico, di un tempo eterogeneo e confuso in cui passato, presente e future potenzialità si fondono nell'unica, labile entità ordinatrice: la previsione statistica, l'abilità del giocatore, la sistematicità delle partite.
Una spirale di caos che coinvolge e travolge tutti i personaggi del racconto (quegli uomini potenti e altrettanto fragili di cui Molly si circonda…) e che veicola ogni evento, a cominciare dal rametto ghiacciato sulla pista da sci che bruscamente interrompe progetti e carriera della protagonista. Solo l'intercalare della calma dopo l'arresto, in una struttura piacevolmente simmetrica e circolare, permette di cogliere quel principio razionale e calcolato tipico delle sceneggiature di Sorkin.
Ed è questo a fare della vicenda della protagonista una sorta di odissea contemporanea. L'odissea di Molly Bloom, che per combinazione porta il nome della controversa Penelope moderna dell'Ulisse di Joyce. Entrambe sottomesse o oscurate dal volere di uomini più potenti eppure consapevoli di essere superiori a loro intellettualmente. «Odio i perdenti», diceva Mrs Bloom nel lungo monologo che conclude il romanzo di Joyce, anch'ella circondata da individui maschi segnati dal vizio, dal bere e dal gioco, sui quali tuttavia giocava ad esercitare un'attrazione per il desiderio di una vita più agiata, nel lusso della ricchezza materiale.
Ma la Molly Bloom del film ricorda da vicino anche la Penelope classica, nel suo organizzare, controllare e gestire dall'alto le sfide dei nuovi "proci" odierni, i ricchi pretendenti che lottano (invano) per il potere. La protagonista non s'accontenta di un unico ruolo, e sembra piuttosto incarnarsi nelle più svariate figure omeriche, facendosi alternativamente Calipso, regina di un'isola idilliaca dove uomini importanti arrivano e partono, e Circe, procacciatrice di maschi di dubbio valore da lei stessa trasformati in animali.
Molly Bloom è però innanzitutto l'Ulisse del proprio viaggio, origine e generatrice di un'odissea che la confermerà eroina, a suo modo, un'eroina etica, la campionessa del suo game. Nel mondo di Sorkin, d'altra parte, non sono ammessi eroi, dal momento che lo sceneggiatore e ora anche regista ama raccontare figure contemporanee che nell'opinione pubblica sfiorano il leggendario, per de-mitizzarle, de-sacralizzarle, facendole ri-vivere come semplicemente umane. Eroi che non sono propriamente eroi, non eroi classici perlomeno, come lo stesso Ulisse, incapace di prendere il controllo della propria vita, essere umano limitato e impotente, guidato dal caso e dalla Fortuna – propria e altrui.
Come nel gioco d'azzardo, come Molly. Inciampando o rischiando di cadere nelle trappole di chi la vuole eternamente perduta, ingarbugliandosi nelle reti della propria stessa cupidigia. Un non-eroe, una non-eroina, che hanno tuttavia il compito di guidare i compagni di viaggio, trascinandoli nella propria spirale di ventura e sventura, fino alle porte dell'Ade, terra "delle ombre", toccando il vero e proprio fondo. Per farsi illuminare da Tiresia, che nel film si incarna nel padre di Molly, unica luce per il cammino di ritorno; e tornare finalmente in patria, con nulla in mano, come il mendicante Ulisse accolto da Eumeo.
Tornata alla propria Itaca, assumendo le giuste responsabilità e facendo delle proprie astuzie non più vizi irrimediabili ma valori e forze, Molly è pronta, al termine di questa straordinaria odissea della vita reale, a riconquistare il proprio legittimo posto, vincendo la sfida dei proci, vincendo il suo game, finalmente rialzandosi come aveva fatto dopo l'incidente sulla pista da sci.
D'altra parte, Molly's Game richiama anche la classica parabola del gangster movie, la caduta inevitabile di chi troppo brama (una vera e propria discesa agli inferi…) ammettendo, tuttavia, una risalita, un nuovo inizio in cui il caso sia finalmente domato.
Come tutti i giochi d'azzardo, il poker ha una componente di sorte. Eppure, nel poker come nel gioco di Molly, non può esserci solo il caso. Per vincere servono intelligenza, abilità, lungimiranza. E pure etica e umanità. Molly resta fedele al proprio eroe – sé stessa – come Penelope a Ulisse, pronta per ricominciare.
Basato sulla storia vera di Molly Bloom, una giovane e carismatica speranza olimpica dello sci, costretta ad abbandonare lo sport dopo una grave lesione fisica. Molly, dopo gli studi di legge, ottiene un lavoro estivo che la introduce a una nuova impresa, in cui sono necessarie disciplina e energia simili a quelle per lo sport: scalare il mondo più esclusivo e ad alto budget del poker clandestino. I grossi portafogli delle stelle di Hollywood, dei giganti dello sport e degli affari le regalano una decade di sfarzi, successo e glamour, ma attirano anche le attenzioni sbagliate quando, senza esserne a conoscenza, mette al tavolo da gioco dei membri della mafia russa. La sua scia fortunata si arresta bruscamente quando viene arrestata in piena notte dall'FBI che imbracciano armi automatiche. Costretta ad affrontare le accuse a suo carico, diventa suo unico alleato il suo avvocato difensore, riluttante all’inizio, e che invece scopre che c'è molto di più in Molly Bloom di quello che le volgari storie da tabloid rivelano.