Rúnar Rúnarsson

Passeri

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Una voce celestiale riempie le volte della navata di una chiesa. Una lenta panoramica si posa sulla nuca di un ragazzo, svelando un coro di voci bianche.

Con Passeri l’islandese Rúnar Rúnarsson sembra voler narrare il capitolo successivo al suo cortometraggio del 2008, Two birds. L’attore protagonista è lo stesso, Atli Oskar Fjalarsson, e come il personaggio è cresciuto. Il regista prosegue quindi sulla strada del racconto di formazione, seguendo le vicende di Ari e della sua adolescenza tormentata, dopo il ritorno nel paese d’infanzia e nella casa di un padre assente e burbero. Nell’interminabile estate del nord che non conosce buio, in una periferia desolata e spazzata dal vento dove ognuno è abbandonato a sé stesso, l’approdo all’età adulta non può che essere brusco e ruvido come il profilo delle montagne che si stagliano all’orizzonte. Il ragazzo si trova a dover crescere da solo e ad affrontare il primo amore, il primo lavoro, il primo lutto. Quando la nonna di Ari viene meno, padre e figlio, accomunati dallo stesso dolore, saranno costretti a riavvicinarsi.

Come già nel suo precedente film, VolcanoRúnarsson mette in scena la morte come esito inevitabile del processo di crescita e di invecchiamento. E ancora una volta è proprio la morte che costringe gli uomini a confrontarsi direttamente con la natura. Una natura matrigna di leopardiana memoria, intesa come il ciclo perpetuo di produzione e distruzione incurante delle sofferenze umane, così come descritta nel Dialogo della Natura e di un Islandese. È proprio in queste terre estreme dal fascino primordiale che la vita è ricondotta alle mere leggi della fisica e della biologia contro cui l’uomo non può nulla.

Campi lunghi e lunghissimi schiacciano i personaggi, rendendoli infinitamente piccoli e impotenti di fronte alla maestosità del panorama. Un panorama sublime ed espressione di quel sentimento di sgomento e piacere indotto dalla grandiosità della natura: Ari si inerpica sulle rocce scoscese e si ferma a contemplare l’orizzonte brumoso come il Viandante sul mare di nebbia di Friedrich. E proprio come l’eroe del romanticismo diviene consapevole dell’infinita imperfezione dell’uomo.

È in questi momenti di confronto tra l’uomo e il paesaggio che emerge tutta la spiritualità del film. Una spiritualità scevra da ogni forma di credo religioso: le uniche manifestazioni di religiosità sono quelle del funerale della nonna e si esauriscono nell’attaccamento, del tutto umano e perciò terreno, al rituale. La divinità di Passeri scaturisce dal contatto con un cucciolo di foca o dal primo timido bacio tra innamorati. È insomma la divinità della natura e della vita, del sentimento, di nuovo, del sublime. E la voce soave di Ari rivelata nella prima scena del film è la manifestazione lampante di questa divinità. Non a caso, i momenti in cui il ragazzo si dedica al canto sono accompagnati da un movimento discendente della macchina da presa, dal cielo alla terra: è l’incarnazione definitiva del sublime, del magnifico e del terribile, che riassume in sé l’essenza più pura del ciclo vitale in cui nascita e decesso, bellezza e brutalità sono parte integrante dell’esistenza.

Dopo l’esperienza della morte, infatti, Ari sarà iniziato alla sessualità. E che questo rito di passaggio avvenga mentre il ragazzo sta ancora affrontando il lutto della nonna è una chiara dimostrazione del fatto che la morte e la vita si susseguono senza soluzione di continuità, entrambi eventi inesorabili che chiamano l’uomo a dimostrare la propria maturità. Se però il padre non può che fallire miseramente, non riuscendo ad essere altro che un eterno bambino, Ari è l’unico che, al termine di questo travagliato processo di crescita segnato dal crudele meccanismo di prosecuzione della specie in una terra remota e dura come l’Islanda, è diventato davvero adulto.

Passeri
Islanda, Danimarca, Croazia, 2017, 99'
Titolo originale:
Prestir
Regia:
Rúnar Rúnarsson
Sceneggiatura:
Rúnar Rúnarsson
Fotografia:
Sophia Olsson
Montaggio:
Jacob Secher Schulsinger
Musica:
Kjartan Sveinsson
Cast:
Arnoddur Magnus Danks, Atli Oskar Fjalarsson, Eva Sigurdardottir, Ingvar Eggert Sigurðsson, Jarkko Lahti, Katla M. Þorgeirsdóttir, Katla M. Þorgeirsdóttir, Kristbjörg Kjeld, Nanna Kristín Magnúsdóttir, Pálmi Gestsson, Rade Serbedzija
Produzione:
MP Film, Nimbus Film Productions, Nimbus Iceland
Distribuzione:
Lab 80 Film

Quando la madre decide di partire per una missione in Uganda con il nuovo compagno, il sedicenne Ari è costretto a trasferirsi da Reykjavik nel desolato e sperduto paese dove aveva vissuto da ragazzino. Qui ritrova il padre e la nonna, ma gli amici non lo riconoscono più e il padre passa le giornate gozzovigliando con gli amici. Nell'estate islandese, illuminata notte e giorno, Ari, dapprima perso e solitario, capisce che deve affrontare la vita: sopporterà con determinazione e coraggio momenti difficili e dolorosi, lo vedremo diventare adulto.

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