Il titolo originale di Il tocco del peccato di Jia Zhang-ke, Tian Zhu Ding, significa “La scelta del cielo”. Forse allude all'esplosione improvvisa che deflagra all'orizzonte nella prima sequenza del film, dopo che un motociclista solitario ha reagito all'aggressione di tre giovani delinquenti in una strada isolata, uccidendoli a freddo uno dopo l'altro, con la pistola. O forse allude al Destino del cielo, divenuto così oscuro da non lasciare alternativa all'uomo sulla terra se non rivolgere preghiere ai demoni, come fa appunto San'er, il protagonista della seconda storia di un quadrittico narrativo ambientato in quattro diverse località della provincia cinese di oggi.
La prima storia nello Shanxi (regione natale di Jia Zhang-ke) dove Dahai, un minatore sdegnato dagli imbrogli e dalla corruzione dei suoi padroni, scatena una sanguinosa vendetta dopo essere stato picchiato e umiliato. Segue la città di Chongqing, in cui l'immigrato e solitario San'er si appresta a rapinare una coppia agiata. Nella terza storia vediamo Hubel (Cina centrale), dove Xiao Yu, addetta alla reception di una sauna-bordello, viene picchiata dalla moglie e dal cognato del suo amante, per poi ribellarsi a una brutale aggressione sessuale. Ecco poi Dongguan, nella regione di Guangdong, dove il giovane operaio Xiao Hui, dopo aver accidentalmente causato il ferimento di un collega, si impiega come cameriere in un night club-bordello di lusso, vivendo un breve amore infelice.
Aggiungendo un nuovo capitolo alla storia della Cina contemporanea che compone film dopo film, Jia Zhang-ke, con il suo straordinario direttore della fotografia Liu Likwai, conferisce una livida evidenza evocativa e cromatica agli spazi esterni e interni, desolati, periferici, gelidi o pietrosi, fra esalazioni di fumo tossico, rovine di antiche costruzioni e statue di Mao ormai pleonastiche. Sono gli scenari di una nuova preistoria dove divampa la violenza di individui che rivolgono la loro furia contro gli altri o se stessi (come Xiao Hui). La violenza è infatti la dominante di un universo investito da una degradazione che corrisponde, in modo trasparente, alla globalizzazione che in ritardo sta avvelenando anche la Cina.
L'autore di Still Life si è ispirato a quattro episodi di cronaca nera, accomunati dallo sradicamento e dall'alienazione, sottolineando il mercato dei corpi femminili e della dignità individuale e ricorrendo spesso alle apparizioni simboliche di animali - tigri dipinte ma anche cavalli, serpenti e volatili reali - talvolta oggetto anch'essi di brutalità gratuite. È una Cina dominata anche dalla corruzione, dove agisce surrettiziamente lo sfruttamento delle potenze straniere (l'azienda dell'ultima storia è chiaramente la Foxxcom che fabbrica gli iPad per Apple, dove si sono verificati numerosi suicidi).
Il titolo internazionale del film – A Touch of Sin - ricorda volutamente A Touch of Zen (1971) di King Hu (citato anche nel terzo episodio) mentre la pantomima finale è ispirata a un'opera di Pechino, La foresta dei cinghiali (già ripresa dallo stesso Hu).
Un minatore arrabbiato si ribella alla corruzione del capo del suo villaggio. Un lavoratore migrante, a casa per la celebrazione del nuovo anno, scopre le infinite possibilità che un arma da fuoco può offrire. Una bella receptionist di una sauna è spinta al limite quando viene aggredita da un cliente. Un giovane operaio passa da un lavoro all’altro cercando di migliorare la sorte della sua vita. Quattro persone, quattro province differenti.