Bastano pochi minuti per capire che il film di Jean-Baptiste Léonetti vuole parlare del potere, delle sue forme, del suo esercizio, del fascino che esercita.
Michael Douglas interpreta un ricco affarista che si sente in diritto di comprare ogni cosa, persino la legalità, corrompendo le forze dell’ordine. Jeremy Irvine invece è un ragazzo ingenuo e idealista, lontano dalla sua dolce metà e legato a una terra natia ostile e desolante, nella quale si sforza di rimanere a galla.
Dopo i canonici venti minuti di azione, The Reach entra nel vivo del suo intreccio. L’uno darà la caccia all’altro in un deserto accecante e sterminato in cui è impossibile trovare una zona d'ombra (non solo di qualche altro essere umano). Un’allegoria del mondo odierno. I più facoltosi si divertono a tenere sotto scacco i più poveri. Li osservano sempre a debita distanza, ma non li privano mai delle loro tenaglie. Per sopravvivere (nel vero senso della parola), bisognerà ingegnarsi, essere furbi, non demordere e fare appello alle relazioni umane e sentimentali (non a caso il giovane fuggitivo prende coraggio stimolato dal pensiero dell'amata e finirà la corsa tra le sue braccia).
Insomma, da un lato c'è un potere esercitato per opprimere con cinico divertimento (il personaggio di Douglas gode nel rincorrere il ragazzo, gli lascia del vantaggio, lo priva delle scarpe per ostacolarlo ulteriormente, si prepara cocktail per gustarsi al meglio lo spettacolo in quella che è una delle scene meglio riuscite della pellicola e osserva il tutto dall’alto della sua fortezza, ovvero la jeep full optional), dall’altro un potere dettato dalla forza di volontà (volere è potere, dicevano) spinto dall'istinto di sopravvivenza e nutrito dall’amore.
Un tema interessante e attuale dunque, ma risolto in maniera superficiale e frettolosa, condotto sui binari della banalità. Il film non riesce mai a ingranare la marcia adeguata. Léonetti cura ogni sequenza con una regia ricattatoria che non giova al progetto: nessun guizzo, nessuna trovata. Negli ultimi minuti, poi, l’opera sprofonda, sia narrativamente (dall’elicottero all’ultima scena nella casa è un susseguirsi di svolte del tutto fuori luogo) che stilisticamente (l’estetica dell’incubo con ralenti e ripetizioni di montaggio non aiuta).
Potenzialmente The Reach aveva qualcosa da dire. Ma è un potere sprecato. Appunto.
Ben è un ragazzo di 25 anni, idealista e innamorato della natura. Conosce il deserto del Nevada come nessun altro e per professione acompagna i turisti attraverso quelle lande tanto solitarie quanto piene di pericoli. Assoldato da John Madec, assassino senza scrupoli, Ben si ritrova, suo malgrado, vittima di un gioco al massacro perché unico testimone di un omicidio.