Simon (James McAvoy) è un brillante assistente di una casa d’aste, addetto alla salvaguardia delle maggiori opere d’arte che passano sul palcoscenico delle vendite. Durante una rapina, cui partecipa attivamente, viene colpito alla testa e perde la memoria. Alla banda di criminali di cui fa parte, capitanata da Frank (Vincent Cassel), non resta che affidarlo alle cure della bella ipnotista Elizabeth (Rosario Dawson) per cercare di rimettere a posto i pezzi del puzzle e recuperare il colossale bottino, il “Volo delle streghe” di Goya.
Danny Boyle è un regista che ama compiacersi, e non poco. La sua precedente fatica – prima delle sfarzose ma a suo modo funzionali coreografie per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra 2012 – è stata 127 ore, cronaca morbosa e dettagliata della solitaria lotta per la sopravvivenza di un alpinista dopo un incidente. Prima ancora era stato il turno della rivisitazione pop della miseria indiana, messa in scena (guadagnandosi una dissennata pioggia di Oscar) in The Millionaire.
Qui Boyle non abbandona la sua estetica ridondante, fatta di sottolineature ed esasperati ricami di sceneggiatura, ma la adatta a un genere di difficile definizione, che il regista cerca, con malcelata presunzione, di ricodificare. Il giallo soprannaturale di In Trance miscela elementari reminiscenze di Hitchcock (che aveva balbettato sul crinale sfumato del sogno/ricordo psicanalitico in Io ti salverò) e di De Palma, frullandole con uno stile che guarda all’action più che alle sfumature nascoste nella mente dei protagonisti.
Il difetto maggiore non è nello spettacolo fracassone (e incoerente) che si nasconde dietro la maschera di sottile indagine psicologica sui meccanismi della memoria, ma nella sua mediocre resa cinematografica. Boyle non rinuncia a niente: i diversi piani di racconto (la realtà, la memoria, il desiderio) si accavallano senza una scelta stilistica che li definisca, le pulsioni/ossessioni vaginali vagamente infantili vengono spacciate per raffinata ricerca di perfezione formale, le marginali scene d’azione si trasformano in ripetuti abusi di esplosioni ed effetti sonori.
In Trance si risolve in un esperimento puerile, privo di spessore estetico e incapace di trovare una quadratura del cerchio – stilistica e contenutistica – che possa giustificare l’inconsistenza del racconto e la superficialità dello sguardo. Un pasto troppo abbondante e cucinato male: il risultato è del tutto indigeribile.
Simon (James McAvoy), banditore di una rinomata casa d’aste, si unisce a una banda criminale per rubare un dipinto di Goya dall’inestimabile valore. Subito dopo il colpo però, Simon, a causa di una botta in testa, dimentica il luogo in cui ha nascosto il dipinto. Quando nemmeno le torture e le minacce sortiscono effetti, il capobanda, Franck (Vincent Cassel), decide di provare a indagare la mente di Simon attraverso l’ipnosi e a tale scopo ingaggia l’ipnoterapista Elizabeth Lamb (Rosario Dawson). Non appena Elizabeth comincia ad addentrarsi nel subconscio di Simon, però, tutto diventa ancora più complicato.