Prima alla Mostra di Venezia, poi nelle sale e nelle librerie (oltre, naturalmente, ai soliti scaffali dell'home video), il cinema di Luchino Visconti è stato recentemente privilegiato dalle attività di valorizzazione del nostro patrimonio filmico.
Infatti da ottobre Il Gattopardo (1963) è ritornato nelle sale di numerose città italiane ritrovando, oltre alla legittima dimensione dei grandi schermi, il suo splendore cromatico e sonoro grazie all'edizione restaurata nel 2010 dalla 20th Century Fox e dalla Cineteca di Bologna. Quest'ultima l'ha inserito come secondo titolo della sua iniziativa “Il cinema ritrovato al cinema”, che "restituisce" i classici (in edizioni restaurate e in versione originale) alle sale cinematografiche, dove gli spettatori possono scoprirli nelle più adeguate condizioni visive e sonore.
Nel caso del Gattopardo, si tratta indubbiamente di un'esperienza profondamente emozionante, perché il nuovo restauro ha valorizzato l'eccezionale tessitura figurativa di un film dove - come in tutto il cinema viscontiano - i corpi degli attori, i cromatismi, le luci, i paesaggi, i tessuti etc. hanno un'intensa pregnanza espressiva per evocare un mondo e un tempo perduti.
La proiezione del film, inoltre, era preceduta da un breve documentario del giornalista e storico Alberto Anile che, con Maria Gabriella Giannice, è autore di un pregevole volume, Operazione Gattopardo (Le Mani, 2013), che ricostruisce la genesi e la storia del film e il clima culturale politico dell'epoca. Nel documentario si possono vedere anche alcune delle sequenze tagliate dallo stesso Visconti dopo la prima proiezione del film, il 28 marzo 1963, e misteriosamente “sopravvissute” (ma non le stesse) nelle edizioni francesi e statunitensi del film.
Un altro ritorno ha avuto luogo alla Mostra del cinema di Venezia, dove nel 1965 Vaghe stelle dell'Orsa... (realizzato da Visconti dopo Il Gattopardo) vinse il Leone d'oro: quest'anno è stata infatti presentata l'edizione restaurata dal laboratorio Colorworks per iniziativa di Sony Pictures Entertainment (Los Angeles).
Il film è stato restaurato in 4K e la lavorazione è stata effettuata su una copia 35mm interpositivo in bianco e nero di ottima qualità proveniente da Sony Pictures e su un'altra copia 35mm dalla collezione dell'Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale di Venezia. I materiali originali conservati (il negativo è purtroppo andato perduto) sono state scansionati in 4K dai laboratori Colorworks e L'Immagine Ritrovata di Bologna che ha anche effettuato la pulizia digitale per correggere i danni provocati dall'usura del tempo. Un lavoro addizionale sull'immagine (la correzione del bianco e nero) è stato curato da Scott Ostrowsky e completato da Colorworks. Mentre il restauro del suono è stato effettuato da Chace Audio di Deluxe (Los Angeles).
Rivisto oggi, Vaghe stelle dell'Orsa... appare un bellissimo, funereo mélo visionario, dove i violenti contrasti di luci e ombre nello stupendo bianco e nero di Armando Nannuzzi evocano le ambiguità di una segreta relazione incestuosa e di una vertiginosa dipendenza da un passato tragico che si prolunga a corrompere il presente.
Quando uscì, nel dicembre 1974, Gruppo di famiglia in un interno (1974), che sarebbe stato il penultimo film di Visconti, fu considerato poco più che un film minore (ma non dal pubblico, che affollò le sale). A distanza di quarant'anni appare invece come un'estrema, amara e dolorosa prefigurazione del degrado italiano degli anni '80, con l'immagine impietosa che offre di una borghesia grossolana, corrotta e cinica, collusa con la criminalità e l'estremismo di destra.
È anche l'ultimo film di Visconti sul presente della penisola (abbandonato dai tempi di Vaghe stelle... e dell'episodio La strega bruciata viva, 1967).
Piero Tosi aveva creato le pellicce indossate da Silvana Mangano nel film con la collaborazione di Fendi ed è stata proprio la nota griffe a finanziare il restauro del film per Minerva RaroVideo e la pubblicazione di un volume, edito da Rizzoli, che ne illustra la genesi, oltre che di un documentario, Conversation Piece, di Ferdinando Cito Filomarino, che riunisce interviste ai collaboratori di Visconti, come lo stesso Tosi e lo sceneggiatore Enrico Medioli.
Fra i recenti restauri di film italiani da parte della Cineteca di Bologna, il lavoro su La proprietà non è più un furto (1973) di Elio Petri (restauro che ha vinto il premio per la prima volta destinato a questa specifica competenza all'ultima Mostra di Venezia) costituisce un risarcimento, sia pure postumo, che il film e l'autore attendevano da troppo tempo.
Venuto dopo i grandi successi di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), che vinse addirittura l'Oscar, e La classe operaia va in paradiso (1971), l'ultimo film nato dal sodalizio fra Petri e lo sceneggiatore Ugo Pirro, è un audace racconto grottesco che denuncia con sarcasmo le aberrazioni di un'Italia cui il boom ha lasciato il culto dell'avidità e del consumismo, incarnati dalla maschera falsamente rassicurante di un grande Ugo Tognazzi.
Nella temperie degli anni '70 il pessimismo del film risultò sgradito e venne stigmatizzato con brutalità dozzinale dalla critica (il pubblico invece apprezzò). Inutile aggiungere che anche questo film, quarant'anni dopo, risulta straordinariamente lucido nella sua diagnosi sui fenomeni aberranti che fermentavano nel corpo della penisola. Il restauro digitale è stato realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino – che conserva l'archivio di Elio Petri - e dalla Cineteca di Bologna a partire dai negativi originali. Il negativo è stato scansionato alla risoluzione di 4K e restaurato digitalmente in 2k.
Un altro risarcimento è il restauro di Pane e cioccolata (1973), quinto film del raro e appartato Franco Brusati (di cui quest'anno ricorre il ventennale della morte), sulla vicissitudini al tempo stesso realistiche e lunari di un immigrato italiano in Svizzera. Risarcimento che sembra paradossale per quello che fu uno dei maggiori successi al botteghino degli anni '70, ma non lo è se si pensa all'oblio sceso da lunghissimo tempo su un autore di teatro e cinema come Brusati.
Fra l'altro, Pane e cioccolata costituisce anche uno di quei non rari casi, nella storia del cinema, in cui l'equilibrio narrativo ed estetico di un film - che riesce a contemperare dramma, grottesco e commedia senza forzature - è nato, in realtà, dalle peggiori premesse, ossia dalle divergenze molto accese fra regista e sceneggiatrice (Jaja Fiastri) da una parte e attore protagonista (lo straordinario Nino Manfredi) dall'altra.
Il restauro digitale è stato realizzato dalla Cineteca di Bologna, dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale e da Lucky Red, in cooperazione con la famiglia Manfredi a partire da un reversal internegativo di prima generazione. L'internegativo è stato scansionato alla risoluzione di 4K e restaurato digitalmente in 2k.
Prosegue infine anche il progetto di restauro dell'opera di un altro grande maestro, Roberto Rossellini. Il “progetto Rossellini”, intrapreso da Cinecittà Luce, Cineteca di Bologna, Cineteca Nazionale e la francese Coproduction Office, è giunto al decimo titolo dell'opera rosselliniana, Paisà (1946), un capolavoro che, attraverso sei episodi ambientati in altrettante città italiane, riuscì a evocare il clima angoscioso e precario delle ultime fasi della guerra e a descrivere condizioni umane diverse. Il restauro digitale 4k di Paisà è stato realizzato a partire da un lavander nitrato d'epoca conservato presso CSC Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Il restauro è stato effettuato dalla Cineteca di Bologna e CSC – Cineteca Nazionale presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata nel 2013.