Carlo Di Palma, il direttore della fotografia che scolpiva la luce, come dice Giles Jaboc, e la cui luce era perfetta. Carlo Di Palma, l’artista del bianco e nero («il bianco e nero è una immediata trasfigurazione della realtà, il colore si fa improvvisamente troppo realistico e allora noi dobbiamo togliere delle cose dal frame e cercarne altre») e l’esteta del colore («un regista e un direttore della fotografia sono come un pittore che mette insieme diversi colori per arrivare al “suo” colore»).
Carlo Di Palma, l’allievo di Gianni Di Venanzo, il quindicenne che esordì sul set di Ossessione, il ragazzo che partecipò alla rinascita del cinema italiano nel dopoguerra (in Roma città aperta aveva il compito di recuperare la pellicola e la trovò grazie a un soldato alleato che anni dopo scoprì essere nientemeno che Sven Nykvist, il direttore della fotografia di Bergman), che, come dice Carlo Lizzani, con i colleghi operatori dell’epoca contribuì in maniera fondamentale all’affermazione dello stile neorealista («Il luogo da dove vengo», come di Wenders parlando di La terra trema).
Carlo Di Palma, ancora, il collaboratore inseparabile di Antonioni, responsabile del colore di Deserto rosso («Si trattava di dominare la tecnica della pellicola, di trasfigurare la mente di una donna malata») e Blow-Up (con il prato di Hide Park che si ingialliva a forza di camminarci sopra e ogni mattina andava riportato all’essenza di color verde desiderata da entrambi) e nello stesso anno di Blow-Up, il 1966, direttore della fotografia di un film antitetico come L’armata Brancaleone.
Carlo Di Palma, l’unico direttore della fotografia con il quale Bertolucci pensò di “tradire” Vittorio Storaro (per La tragedia di un uomo ridicolo: «C’era così tanta nebbia nel clima italiano dell’epoca, che con Carlo decidemmo di dare al film colori netti»); il regista di tre film da rivalutare (Teresa la ladra, Qui comincia l'avventura, Mimì Bluette fiore del mio giardino); l’uomo elegante e un po’ snob, come dice ancora Bertolucci, che la propria eleganza, nel cinema e nella vita, l’aveva costruita grazie al rapporto con Antonioni.
Carlo Di Palma, infine, il direttore della fotografia italiano che già ai tempi di Prendi i soldi e scappa era stato contattato da Woody Allen per lavorare insieme e solo anni dopo, nel 1985, poco prima delle riprese di Hannah e le sue sorelle, avrebbe avviato con il regista americano un sodalizio di ben dodici film (fino a Harry a pezzi), trasferendosi per diciotto anni a New York, portando la sensibilità del cinema europeo nel cinema americano (parola di Ken Loach), costruendo con Allen una fortissima amicizia («Non sono una persona socievole, ma con Carlo è stato tutto facile. Quando siamo sul set, pranziamo insieme durante la pausa e poi ci rivediamo la sera per cenare insieme»), condizionando il lavoro di altri grandi artisti del cinema (come lo scenografo Santo Loquasto, che parla della luce e dello spazio di Radio Days e Settembre), parlando con gli attori al posto del timidissimo Allen («Woody parla molto poco, per cui durante le riprese di Alice era Carlo a spiegarmi le cose», dice Alec Baldwin), trovando soluzioni creative a un cinema fondato sulla parola. «I film di Woody, dice Di Palma in un filmato d’epoca, sono molto parlati, per cui bisogna dare una realtà a ciò che avviene». E ancora, a proposito del suo lavoro con la luce, le ombre, i colori: «La luce per me è la prima cosa, ma nel mio lavoro la cosa più importante è rispettare l’azione, lo script, intervenire nel racconto con la mia creatività».
Carlo Di Palma, semplicemente, uno dei più grandi artisti della storia del cinema, raccontato in questo documentario dalla compagna di una vita, la produttrice Adriana Chiesa, e dalle tantissime persone (ancora in vita o nel frattempo decedute) che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui o crescere con il suo cinema: oltre ai nomi citati, Giuliano Montaldo, Citto Maselli, Paolo Taviani, Francesco Rosi, Wim Wenders, Valerio Valongo, Nikita MIchalkov, Lina Wertmuller, Giancarlo Giannini, Michele Placido, Volker Schondlorff, Michael Ballhaus, Abel Ferrara...
Il film-documentario non è solo il racconto della vita artistica di Carlo Di Palma,ma é un vero e proprio percorso all’interno del cinema italiano attraverso più di cento film ai quali ha collaborato: dal neorealismo di Visconti, De Sica, Rossellini alla commedia all’italiana di Monicelli, Scola, Germi, ai capolavori che hanno segnato la storia della cinematografia mondiale come Deserto Rosso e Blow Up, alla lunga collaborazione con Woody Allen.