Ma quanti alettoni perdono le automobili della Expensify APXGP? Non c’è impatto minimo che non ne veda saltare per aria uno, quale effetto collaterale dell’intemperanza del redivivo Sonny Hayes (Brad Pitt), richiamato nel team da Ruben Cervantes (Javier Bardem), pur di non svendere la società al miglior offerente. A questo punto corre l’obbligo di aggiungere che Sonny deve vedersela, in termini tecnici e sentimentali con l’ingegnere dello staff tecnico Kate (Kerry Condon), personaggio femminile numero uno; e con il giovane pilota della Expensify, l’afroamericano Joshua Pearce (Damson Idreis), che ha una mamma apprensiva, Bernadette (Sarah Niles), personaggio femminile numero due. Inutile dire che il cast di F1 – Il film comporta ulteriori combinazioni politicamente corrette, di gender e di etnia, senza granché modificare l’impianto della competizione virile dove è il tempo e il passaggio di consegne, digital-generazionale, a tenere la pista.
La chiave di tutto sono gli alettoni perché il titolo stesso, ridotto al puro acronimo F1, combinato alla specifica Il film (meglio chiarire che non si tratta del tasto funzione sul computer), suggerisce mediante il font proprio le linee curve del pezzo posteriore dei veicoli in perpetua corsa di Formula 1 o l’immagine sintetica del rettilineo e delle curve rischiose del circuito. Se poi si osserva uno dei manifesti disponibili, con il protagonista circonfuso dal rosso del tramonto, con dietro l’automobile, l’associazione grafica e concettuale tra alettone e titolo assume consistenza plastica. Semmai ci sarà un seguito, il problema sarà posizionare bene il numero “2” per non creare confusione con F1.
Ad ogni modo quella “F”, almeno nella traduzione italiana, ci ricorda che F1 è appunto un segnale importante del fattore “filmico” di base: Il film insomma c’è ed è meno banale tra le righe della sua confezione. Tutto così suona allusivo, dal nome assegnato alla società, “Expensify” (su “APXGP” conviene sorvolare, e chiedersi quanti riescano a tenerlo a mente), che sta per “costoso”. Infatti F1 – Il film è un esemplare audiovisivo finanziariamente molto impegnativo, che solo nel sottotesto può permettersi quindi di mostrarsi sottile. “Cervantes”, il cognome del manager spagnolo reduce dal cinema d’autore, rimanda all’autore del Don Chisciotte, poiché “donchisciottesco” è il tentativo in extremis di dare un’opportunità, l’ultima al veterano di una generazione cinematografica anch’essa in estinzione come Brad Pitt, che aveva soppiantato già quelle antecedenti agli anni Novanta del secolo scorso; donde il tramonto (riportato anche sul) manifesto.
Il sempre più accelerato ricambio ai vertici di star, registi e figure di riferimento a tutti i livelli nel post-cinema contemporaneo rende l’operazione di Joseph Kosinski, anche coautore del soggetto e coproduttore, significativa persino più di quelle quasi analoghe di Tron – Legacy e Top Gun – Maverick, poiché F1 – Il film non ha alle spalle un film pregresso, bensì un’intera tradizione cinematografica (con le quattro ruote come emblema dinamico) reiteratasi nei decenni. Nonché una consapevolezza da cinema digitale totale, dove il ricambio di alettoni corrisponde a una logica rigenerabile da pixel, e in cui Kosinski si è specializzato. Gli appartengono così tanto le narrazioni riassorbite dalle immagini computerizzate da permettersi il lusso di chiamare Il film suo come un tasto da digitare all’occorrenza: F1.
Conosciuto come "la più grande promessa mai realizzata", Sonny Hayes è stato un talento cristallino della Formula 1 negli anni '90, fino a quando un incidente in pista non ha rischiato di porre fine alla sua carriera. Trent’anni dopo, Sonny viene avvicinato dal suo ex compagno di squadra Ruben Cervantes, proprietario di una squadra di F1 in difficoltà e sul punto di fallire. Ruben riesce a convincere Sonny a tornare come ultima speranza per salvare la squadra e affermarsi come miglior pilota al mondo...