Falcon Lake è il primo lungometraggio diretto dall’attrice Charlotte Le Bon ma non il suo esordio assoluto alla regia, che è invece rappresentato dal corto Judith Hotel (2018). Malgrado diversissimo per tono e fisionomia, quest’ultimo condivide con l’opera successiva sia il medesimo clima rarefatto di sospensione astratta sia l’ambientazione in un luogo situato ai margini della civiltà e nel folto dei boschi (lo stesso in cui si rifugia il Ribelle di Ernst Jünger), dove il tempo si sospende in una ritualità scandita da una normatività ricorsiva (le bizzarre regole dell’eponimo hotel nel caso del corto) o dalla delicatezza evanescente degli elementi (come succede invece in Falcon Lake).
Tratto dal graphic novel Una sorella di Bastien Vivès (edito in Italia da Bao Publishing), Falcon Lake serve alla regista e co-sceneggiatrice (con François Choquet) per conciliare i due poli attorno a cui ruotano la sua vita e la sua carriera. Da una parte i lari del Canada, da cui l’ambientazione nella campagna québécois non lontana dai luoghi in cui è cresciuta. Dall’altra il genio custode della Francia e, in particolare, di quel cinema saisonnière post-rohmeriano (Un ragazzo, tre ragazze) e pialatiano (quello del fondamentale anche se poco amato dallo stesso autore Fai la maturità prima e Ai nostri amori), di recente battuto per esempio da Damien Manivel (Le Parc) o da Guillaume Brac (i bellissimi L'Île au trésor e Contes de juillet), che s’ambienta nella sonnolenta ebbrezza dell’estate, momento ideale di fantasie crepuscolari, epifanie montaliane, timidi vagiti sensuali e relazioni transitorie ma indimenticabili.
Protagonista è il tredicenne francese Bastien (interpretato da Jospeh Engel) che, insieme alla famiglia, si reca in Quebec per trascorrere una vacanza in uno chalet in riva al lago immerso nella macchia. Qui ritrova una vecchia conoscenza, la sedicenne Chloé (Sara Montpetit), da cui si scopre sempre più attratto malgrado le differenze d’età e d’ambiente. Lui adolescente inquieto ma non turbolento, introverso ma non schivo; lei passionale e impulsiva, solitaria e ribelle: i loro incontri si protraggono mentre genitori e adulti rimangono sempre più sullo sfondo fin quasi a scomparire, la curiosità stupefatta che nasce dalla conoscenza si trasforma in spinta alla condivisone, la carnalità acerba di Bastien vacilla di fronte al fantasma del desiderio che aleggia ovunque, tra i turgori della natura come nell’estasi dei corpi. Così, immerso in uno scenario dove i segnali antropici si diradano progressivamente (i ponti sospesi sull’acqua, le dighe che attenuano il moto ondoso, i tralicci dell’alta tensione, le luci al neon di un dancing), il racconto sfiora quella tensione tipicamente adolescenziale tra senso d’appartenenza e generica volontà di allontanamento (dalla famiglia così come dal mondo, dagli altri così come da se stessi), tra volontà di autodeterminazione e impulsi di fuga dalla realtà.
Il film, che si apre con un campo lungo in cui Chloé emerge dall’acqua del lago come a testimoniare simbolicamente il risveglio estivo dei sensi, corteggia certamente molti degli stereotipi del coming of age, si trastulla in inutili vezzi cinefili (le locandine di Psyco e Nosferatu il vampiro, che campeggiano nella cameretta di Bastien, i riferimenti a E.T. – L’extra-terrestre) ma riesce anche a mostrare una sua notevole forza plastico-sensoriale quando ammanta la vicenda di una muta angoscia senza oggetto, alternando le pulsioni di vita a strani e cupi presagi di morte nascosti anche nell’apparente rigoglio dei luoghi (resi con vividezza materica dal direttore della fotografia Kristof Brandi grazie al ricorso alla pellicola da 16mm e al formato 1.37:1). E la regista esordiente trova un registro a metà tra il realismo minimalista e l’impressionismo en plein air che fa ondeggiare la vicenda tra le ruvidezze del sentimento inespresso e le brume caliginose del sogno, quasi offuscandola in un velo da ghost story (in fondo, una leggenda locale sostiene che lo chalet affittato dalla famiglia di Bastien fosse popolato da presenze spettrali...) che diventa sorprendente contrappunto alle vampe allucinatorie del desiderio adolescenziale.
Bastien e Chloé trascorrono le vacanze estive con le rispettive famiglie in Quebec, in una baita sul lago che una leggenda vuole infestata dai fantasmi. Nonostante la differenza di età, tra i due adolescenti si forma un legame unico. Pronto a superare le sue peggiori paure, Bastien vuole conquistare un posto nel cuore di Chloé, così la vacanza diventa per lui un momento cruciale e turbolento.