Dopo anni di imbarazzante silenzio, a parte qualche opera coraggiosa uscita in sordina e snobbata dalla distribuzione italiana, nelle ultime stagioni sono arrivati tutti in un botto diversi film che affrontano il tema della mafia e della criminalità organizzata.
Soltanto a Venezia 71 si sono visti Anime Nere di Francesco Munzi, tragedia famigliare sulla 'ndrangheta in un paesino della Calabria; Belluscone-Una storia siciliana di Franco Maresco, documentario buffo e bislacco sulle relazioni pericolose tra Silvio Berlusconi, Forza Italia e i mafiosi eccellenti siciliani; La trattativa di Sabina Guzzanti, che con un mélange tra teatro-finzione-tv-doc-cinema mette in fila atti e notizie sul rapporto Stato/mafia; Perez con Luca Zingaretti, avvocato anti camorra. Senza dimenticare il successo e la rivelazione della stagione passata, La mafia uccide solo d'estate di Pierfrancesco Diliberto (Pif).
In questi giorni si può vedere nelle sale un film che si inserisce nel filone, mantenendo un tono leggero e mostrando quanto sia difficile la lotta quotidiana di chi nella società civile cerca di contrastare le mafie, in tutta Italia. La nostra terra di Giulio Manfredonia racconta una cooperativa sociale che cerca di far partire un'azienda agricola in un terreno confiscato ad un boss mafioso.
Il film si svolge nel Sud Italia (in Puglia, anche se non viene specificato), dove viene mandato Filippo (Stefano Accorsi), un uomo che da anni "fa antimafia" in un ufficio nel Nord Italia, per seguire l'organizzazione e la coltivazione della terra dell'immensa proprietà all'interno del podere sequestrato al boss Nicola Sansone. Non è semplice la creazione di una cooperativa sociale (Manfredonia lo aveva già sperimentato con il film Si può fare) ed è ancora più difficile all'interno di un bene confiscato in un territorio controllato dalla mafia. Intimidazioni continue, minacce, distruzione dei raccolti, manichini impiccati, etc. etc. È la storia dell'Italia.
Il film di Manfredonia prende spunto dall'esperienza di Libera, che da vent'anni opera per restituire alla società i beni confiscati. Il lavoro di Libera Terra, consiste proprio nel rendere produttivi i terreni sottratti ai mafiosi, in base alla legge del 1982 che costò la vita a Pio La Torre, ucciso dalla mafia siciliana.
Nella cooperativa del film ci sono vari personaggi: emarginati, disoccupati, un lavoratore sulla sedia a rotelle, un ragazzo con problemi psichici, una fanatica del biologico (Iaia Forte). A tenerli insieme c'è Rossana (Maria Rosaria Russo), un'attivista del posto, aiutata da Filippo e Cosimo (Sergio Rubini), un contadino a cui il boss Sansone strappò la terra, appartenuta alla sua famiglia da più generazioni. Per lui quel luogo non ha segreti e conosce tutti i trucchi del mestiere. Di fatto è lui che detiene il potere per mandare avanti la baracca. Finché Sansone non viene rimandato a casa agli arresti domiciliari e si trova faccia a faccia con i lavoratori della cooperativa. Anche questo accade nella realtà e fa parte delle anomalie della legge italiana.
Per tutti questi motivi La nostra terra è un film necessario, che spiega meccanismi poco noti in chiave leggera, senza retorica, ma con grande rispetto e preparazione sulla materia. Gli aspetti comici non perdono mai di vista la serietà e la tragicità della vicenda. C'è una storia d'amore di troppo, poco costruita e soprattuto non necessaria che rischia di essere fuorviante nei confronti del tema centrale, così ben mescolato con quello dell'incontro tra diverse culture e personaggi finemente costruiti. La strada è ancora lunga, ma film come questo aiutano a creare una consapevolezza.
Nicola Sansone è proprietario di un podere nel Sud Italia che viene confiscato dalla Stato e assegnato a una cooperativa, che però non riesce - per celati o dichiarati boicottaggi - ad avviare l'attività. Per questa viene mandato in loro aiuto Filippo, un uomo che da anni fa l'antimafia lavorando in un ufficio del Nord, e quindi impreparato ad affrontare la questione "sul campo". Numerosi sono gli ostacoli che Filippo incontra, e spesso deve resistere all'impulso di mollare tutto: lo trattengono il senso di sfida e le strane dinamiche di questa cooperativa di insolite persone cui inizia ad affezionarsi, in particolar modo Cosimo l'ex fattore del boss e Rossana, la bella e determinata ragazza che forse ha un passato da riscattare. In un ribaltamento di ruoli, tra sabotaggi e colpi di scena, non appena le cose iniziano ad andare quasi bene, al boss Nicola Sansone vengono concessi i domiciliari. Riuscirà l'antimafia a trionfare?