Periferia londinese, Bela e Jota sono due immigrati portoghesi: lei fa la signora delle pulizie presso una ricca famiglia, lui l’aiutante in una falegnameria con un padrone che non paga; entrambi si barcamenano come possono per crescere i loro tre figli. Bastano queste poche informazioni per notare in Listen i topoi narrativi del film à la Ken Loach, regista da sempre concentrato sul racconto delle vite “degli ultimi”, a cominciare della working class inglese.
Non svelandoci quasi niente del passato della famiglia, la giovane regista portoghese catapulta lo spettatore direttamente nella vicenda di due immigrati perduti in un mondo che non appartiene loro. Il film richiama in maniera evidente un modello cinematografico arcinoto, ma Ana Rocha de Sousa prende temi già trattati e li adatta a una narrazione più attuale: mentre Loach sembra mantenere un aspetto semi-documentaristico (distaccato dai personaggi per far venire a galla il vissuto delle persone), in Listen siamo di fronte a un racconto più intimista, scolpito dall’utilizzo totalizzante della camera a mano, di primi piani e di dettaglio sul mondo che circonda i protagonisti.
Emerge fin dalle prime sequenze una certa abilità nel rappresentare gli spazi: vicoli sporchi di periferia, case piccole e anguste, dettagli di calzini bucati, ringhiere… Una “architettura dell’oppressione” che riflette il disagio dei personaggi e il loro costante sentimento di abbandono e incomprensione.
Da qui il senso del titolo, Listen, dapprima rappresentato dall’impedimento della figlia di sentire i suoni senza l’aiuto di costosi impianti, poi in modo più concettuale, come bisogno di ascolto, come desiderio mai accolto dalla società.
Volendolo paragonare il film dell’esordiente regista, vincitore all’ultima Mostra di Venezia della sezione Orizzonti e del Leone per la migliore opera prima, a un altro modello del passato, viene in mente Qualcuno volò sul nido del cuculo: allo stesso modo, Listen denuncia le iniquità delle istituzioni addette alla cura della persona, incapaci di conservare l’empatia necessaria per trattare con le persone, e lo fa con uno sguardo avvolgente e comprensivo che non tiene mai emotivamente in ostaggio lo spettatore e non gli impartisce alcuna una lezione.
In una zona periferica di Londra, Bela e Jota, una coppia portoghese con tre bambini, fatica a far quadrare i conti. Quando a scuola si verifica un malinteso con la loro figlia sorda, i servizi sociali si mostrano preoccupati per le condizioni in cui vivono i bambini. Il film racconta l’instancabile battaglia contro la legge di questi genitori migranti che vogliono tenere insieme la propria famiglia.