Loro non esistono. E Sorrentino, che forse ricorda il titolo di un film di Alessandro Blasetti del 1966 (Io, io, io… e gli altri), capisce bene che è solo un problema di rappresentazione. Di un come: come raccontarli, Loro, se non esistono? come farli vedere? come evocarne l’importanza, ammesso che ne abbiano una? Prima di identificarli, Loro, se effettivamente sono gli Altri, o se al contrario sono Lui e Lei, o se la gente tutta, in questo kolossal bergmaniano mi pare fondamentale capire il modo scelto dall’autore di rivelarli, Loro.
Proviamo a ricordare Passione (1969): Ingmar Bergman massacrava i sentimenti a forza di scene “da seduti”, attorno alla tavola, a letto; e con il suo consueto rigore implacabile osservava la realtà della coppia sbriciolarsi. Paolo Sorrentino, dopo un’orgia iconoclasta di tutte le fighe e di tutte le pasticche del mondo, decide di fare lo stesso: in Loro 2 Lui è rivelato ed esposto da una visione (la Sua, e quindi la Nostra) che via via rallenta e si ferma, si siede e fa i conti con il presente (che, chiaramente, è anche il futuro).
Contateli: quanti episodi di dialogo a due ci sono, in Loro 2? Vuol dire che è lì, in quell’abnegazione reiterata di un confronto dialettico estenuato ma inevitabile, che Lui e Loro trovano veramente un significato. Sarà un caso se la tanto screditata macchina da presa sorrentiniana, dopo un tour de force che sembra fatto a bella posta per carezzare l’irritazione dei soliti detrattori, si fermi e si sieda anch’essa? Loro 2 inizia con un campo-controcampo tradizionale (di puro trucco cinematografico, con Servillo in doppio ruolo) e va avanti così, osando perfino scegliere la teatralità (nella scena del “divorzio”, con tanto di coro greco). Roba da matti, per uno accusato di elefantiasi, di volgarità, di iperplasia estetica.
È tutto ancora più sorprendente se crediamo a questo dramma in due atti come all’articolazione prepotentemente autoriale di un’insoddisfazione. Vale tanto per Sorrentino, quanto per Lui, i due autori: l’insoddisfazione di una – appunto – rappresentazione. Ovvero, per entrambi, contemplare la realtà (la propria) evadere da sé e semplificarsi a tal punto da diventare inutile, senza spessore, opaca, e perciò cedere. Una realtà che non esiste più, inesistente come Loro. È questa, sia per Sorrentino, sia per Lui, la vera tragedia: non essere più in grado di sostenere il valore e il peso specifico di una realtà che si è costruita da soli. L’insoddisfazione, dunque, di una messa in scena: se davvero la verità non esiste, ma esistono esclusivamente l’autorevolezza del come la si racconta (il come) e la capacità di convincere che quello è il solo modo giusto e sensato, non può che finire così, con Sorrentino che si ritrae, lasciando che il film parli senza intervenire, e con Lui che vede svanire Loro, gli Altri e il suo stesso Io (l’Io pubblico ma anche l’Io privato). Il fallimento dell’Autore? No; forse si tratta della coscienza di una fine. Del sopraggiungimento di una deposizione, come il Cristo che chiude Loro 2, estrema rappresentazione sacrale che fa rimanere in silenzio i vigili del fuoco (Loro) e gli spettatori (Loro e Noi), perché inspiegabile e inaffrontabile.
A sfumare, a sbiadirsi, è dunque l’allestimento. La produzione della realtà. Per Lui, che la realtà l’ha prodotta a sua immagine e somiglianza, tutto questo è naturalmente insopportabile, «perché non mi fanno governare?». Dev’esserlo anche per Sorrentino, che finalmente permette che a dialogare con Lui siano dei Loro chiamati per nome, Ennio, Stella, Fedele, Mike, e poi certo Veronica. In queste scene di passione, allora, nelle quali Lui trova un contraddittorio già concluso dal superamento alla sua destra del tempo, più forte di tutti Loro e di Lui medesimo, «Ed era troppo tardi. Nessuno vuole mai credere che sia troppo tardi, ma lo sta sempre diventando. E poi lo è» (Elizabeth Strout, I ragazzi Burgess), in queste scene si compie l’unica regia possibile per Sorrentino, che guarda uno scenario di magia dove la finzione, anzi la fiction, è in grado di assorbire, trasformare e riprodurre da par suo la realtà, senza volerne però restare al centro e metterlo sempre a fuoco, ma al contrario spostandosi a lato, in un angolo, ad ascoltare e vedere mentre intorno tutto crolla.
E poi, infine, si tace, Loro, Lui, Io.
Seconda parte del nuovo film di Paolo Sorrentino. La crisi tra Silvio e Veronica si fa ancora più profonda. Berlusconi, rispolverando le sue vecchie doti di straordinario venditore, le utilizza per manovre politiche che condurranno alla caduta del governo della sinistra e al suo ritorno a Presidente del Consiglio. Ma la sua passione per le giovani donne, e per le "cene eleganti" lo condurranno inevitabilmente verso il baratro, caduta che andrà di pari passo con quella di un paese ridotto in macerie.