Celine Song

Past Lives

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Chi siamo? Chi siamo stati? Chi avremmo potuto essere se le strade non si fossero divise? L’opera prima della drammaturga Céline Song (candidata all’Oscar per il Miglior film e la Migliore sceneggiatura originale), riflette in modo non banale su una questione esistenziale tanto basica da rappresentare un grande rischio. La sua scrittura, in cui emerge evidente il mestiere del testo teatrale, e un pensiero formale molto consapevole riescono però a conferire a Past Lives un’apparente naturalezza che lo rende un film in cui è facile riconoscersi e al quale, proprio per questo, ci si abbandona con un piacere ovattato e malinconico.

Le intenzioni di Song sono chiare fin dalla prima inquadratura, quando mette in scena frontalmente i tre personaggi del film seduti al bancone di un bar, avvolti in una luce calda e soffusa. Li si vede scambiarsi alcuni sguardi, senza sentire cosa dicono. Al contrario sono due voci fuori campo, spettatori della scena, a fare ipotesi sul legame tra i tre e sulla natura della situazione. La sequenza funziona esattamente come un’apertura del sipario: un’introduzione che attiva la posizione dello spettatore e che dichiara quanto la questione del punto di vista diverrà fondamentale.

Con un salto indietro nel tempo, ci viene allora presentata la storia di Na Young - emigrata appena dodicenne dalla Corea al Canada al seguito dei genitori artisti - e della sua relazione con il compagno di scuola Hae Sung. Le ricadute di questo primo amore innocente e fanciullesco lungo gli anni sono la strada che Song sceglie di percorrere per riflettere sui rapporti, sui sentimenti, sugli accidenti e sulle scelte della vita. Non senza riferimenti autobiografici, il ritratto di Na Young  (che Song confida alla magnifica Greta Lee) diventa anche il modo che la regista sceglie per interrogarsi su cosa costruisca l’identità di chi appartiene a più culture, di chi si scopre intimamente guidato da sollecitazioni e retaggi non sempre concordi, non sempre facili da conciliare, non per forza pacificati. Una molteplicità che è una preziosa ricchezza ma anche un’ipoteca complessa da gestire.

Con i toni pacati ma mai anodini della sua scrittura e con le forme eleganti e contemporanee di un cinema estetizzato ma tanto intelligente e misurato da non suonare artificiosamente leccato, Song riesce a trasmettere la complessità di una condizione emotiva, psicologica e culturale. Una complessità che ci parla della memoria atavica ma anche, molto, del nostro tempo, dell’essere fatalisti o al contrario (a volte ottusamente) concentrati nell’azione; di quanto la tecnologia diventata quotidiana possa riscrivere i tempi e gli spazi delle nostre vite e dell’infinità di sguardi che su di esse potremmo portare.

Elaborando l’artificio narrativo classico della molteplicità dei punti di vista e una scrittura che intreccia i tempi e le prospettive in modo mai meccanico, Song si interroga e ci interroga su come si possa diventare spettatori della propria vita - e delle vite degli altri - quando ci si comincia a fare domande. E soprattutto di quali e quante possano essere queste domande, infinite come infinite sono le possibilità delle vite passate (e di quelle future).


 

Past Lives
Stati Uniti, Corea del Sud, 2023, 105'
Titolo originale:
id.
Regia:
Celine Song
Sceneggiatura:
Celine Song
Fotografia:
Shabier Kirchner
Montaggio:
Keith Fraase
Musica:
Christopher Bear, Daniel Rossen
Cast:
Greta Lee, Teo Yoo, John Magaro, Moon Seung-ah, Leem Seung-min, Ji Hye Yoon, Choi Won-young, Ahn Min-Young, Seo Yeon-Woo, Kiha Chang, Shin Hee-Chul
Produzione:
A24
Distribuzione:
Lucky Red

Nora e Hae Sung, due amici d'infanzia profondamente legati, si separano quando la famiglia di Nora dalla Corea del Sud emigra in Canada. Due decenni dopo si ritrovano a New York, dove vivono una settimana cruciale in cui si confrontano sul destino, l’amore e le scelte che segnano il corso della vita.

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