Elsa e Anna sono le principesse-bambine di Arendelle – bionda platino la prima, rosso fuoco la seconda – ancora attratte dai giochi segreti nelle stanze del loro castello più che dal futuro regale che le attende. Una notte Elsa, che può misteriosamente generare neve e ghiaccio con un semplice gesto delle mani, mette in pericolo la vita di Anna. Estranea a se stessa e terrorizzata dal proprio potere, si rinchiude nelle stanze del palazzo fino al giorno della sua incoronazione, durante la quale perde il controllo congelando letteralmente il suo regno. Per non nuocere a sé e agli altri, Elsa sceglie l’esilio e sarà compito della giovane Anna salvare la sorella maggiore.
Frozen si ispira alla fiaba di Andersen La regina delle nevi per dare una sterzata al brand (commerciale ancor più che cinematografico) delle principesse Disney e condurlo in territori moderni e originali. Seguendo il rinnovamento avviato da John Lasseter – responsabile della mutazione socio-culturale iniziata con La principessa e il ranocchio e proseguita con Rapunzel e la Ribelle Pixar – Frozen ribalta l’anima stessa delle classiche fanciulle destinate a una gioia eterodiretta (da Biancaneve a Cenerentola fino a La bella addormentata e alla proto-moderna Jasmine di Aladdin) per costruire due personaggi femminili speculari ma ugualmente indipendenti e problematici.
Elsa possiede un dono che può trasformarsi in arma, è preoccupata per il potenziale abuso dei suoi poteri (proprio come alcuni supereroi della Marvel), è prigioniera di un nodo identitario da cui è difficile liberarsi. Sceglie una forzata solitudine (gesto estremo di indipendenza) dove esprimersi interamente, mettendo in scena un confronto quasi psicanalitico che la liberi da un’infanzia parzialmente negata. E se l’essere soli non è mai un traguardo, a riportarla agli oneri e agli onori della realtà è la testardaggine e l’amore di una sorella e non la coercitiva passione per un principe casuale a cui affidare destino e felicità.
Anna, che incarna – capovolgendolo – lo spirito romantico delle eroine disneyane, impara sulla propria pelle a diffidare dell’abituale colpo di fulmine e a costruire il futuro sull’esperienza e su una concreta indipendenza affettiva.
Se la continuità di Frozen con l’immaginario tradizionale è riscontrabile nella costruzione narrativa, nell’alternanza tra momenti musicali (a metà tra Broadway e le coreografie televisive riconoscibili dalle giovani generazioni) e comici (affidati al pupazzo di neve Olaf e alla tenera incertezza psicologica che gli fa sognare l’arrivo di un’estate destinata a scioglierlo), la sua tangibile diversità risiede nelle psicologie delle protagoniste.
Due giovani donne finalmente capaci di affrontare da sole il presente per costruire, in maniera finalmente autonoma, la propria crescita e il proprio destino.
Anna, una giovane sognatrice, intraprende un epico viaggio in compagnia di un coraggioso uomo di montagna, Kristoff, e della sua fedele renna Sven alla ricerca della sorella Elsa, i cui poteri glaciali hanno intrappolato il regno di Arendelle in un inverno senza fine. In condizioni estreme come quelle dell'Everest, dopo aver incontrato creature fantastiche come i troll e un buffo pupazzo di neve di nome Olaf, Anna e Kristoff combattono contro gli elementi della natura per salvare il regno.